Ambasciate a Gerusalemme
Dopo gli Stati Uniti di Trump, adesso il neopresidente Bolsonaro ha annunciato che anche il Brasile sposterà la propria ambasciata a Gerusalemme. Non si può fare a meno di porsi una domanda: perché soltanto Paesi che hanno una direzione politica di destra o addirittura di estrema destra sono disponibili a compiere un atto che non significa in sé un appoggio all’attuale Governo Netanyahu ma che è in realtà un atto dovuto, il riconoscimento che Gerusalemme è storicamente e politicamente la capitale dello Stato d’Israele?
La domanda va posta innanzitutto ai Paesi che fanno parte dell’Unione Europea. Non ci si può nascondere dietro la Legge fondamentale del 30 luglio 1980 che dichiarò Gerusalemme capitale unica e indivisibile, inglobando in un’unica municipalità anche la parte araba. Per spostare le proprie ambasciate nella parte indiscutibilmente israeliana di Gerusalemme, la più grande e popolosa, dove si trovano tutti i fondamentali organi dello Stato – la sede del Capo dello Stato, quella del Primo Ministro, i Ministeri (escluso quello della Difesa), la Knesset, la Corte Suprema – non c’è necessariamente bisogno di riconoscere la Legge del 30 luglio 1980, che è comunque un atto interno di uno Stato sovrano. Ne è la prova il fatto che tutti i Capi di Stato e di Governo che sono in visita in Israele non possono che andare a Gerusalemme per incontrare i responsabili della politica israeliana. Così fece anche Matteo Renzi, allora Presidente del Consiglio, quando il 22 luglio 2015 pronunciò un discorso alla Knesset che sembrò segnare una svolta nella politica italiana verso Israele, una svolta non interamente confermata dagli atti successivi.
D’altra parte i Paesi dell’Unione Europea non possono ignorare – anche limitandoci al solo problema di Gerusalemme – quale è stato l’atteggiamento della controparte palestinese nei momenti topici che potevano segnare una svolta nel conflitto israelo-palestinese. Non solo l’OLP guidata da Arafat respinse nell’estate 2000, a Camp David, il piano di pace di Bill Clinton, ma addirittura, qualche mese dopo, respinse anche l’offerta del premier israeliano Ehud Barak, che, quanto a Gerusalemme, era disposto a riconoscere la sovranità del futuro Stato palestinese sulla superficie del Monte del Tempio/Spianata delle Moschee e sui quartieri musulmano e cristiano della Città Vecchia. Un’offerta che difficilmente potrà essere riproposta da qualsiasi Governo israeliano, di destra o di sinistra che sia.
Con il loro ostinato rifiuto di spostare le ambasciate nella legittima capitale di Israele i Paesi dell’Unione Europea non solo compiono un atto ostile verso lo Stato ebraico ma finiscono per dare una mano a quell’ondata populista e sovranista che giustamente tanto li preoccupa. Se infatti la decisone di trasferire la propria l’ambasciata a Gerusalemme viene presa soltanto da Paesi a guida populista e sovranista, quale può essere la reazione di una larga parte dell’opinione pubblica dei Paesi europei che è vicina allo Stato d’Israele ma che non è necessariamente schierata su posizioni di destra? E inoltre, che cosa accadrebbe se la decisione di spostare la propria ambasciata a Gerusalemme fosse presa anche da quei Paesi europei già adesso a guida populista e sovranista, come i Paesi del Patto di Visegrad e la stessa Italia?
Valentino Baldacci
(8 novembre 2018)