Gli astri di Guido Horn d’Arturoil tributo della scienza italiana
Un nuovo e importante riconoscimento sarà tributato nelle prossime ore a Guido Horn d’Arturo, astronomo triestino di nascita ma bolognese nella sua illustre vita universitaria: verrà intitolato a lui il telescopio ASTRI (Astrofisica con specchi a tecnologia replicante italiana) installato al sito INAF (Istituto Nazionale di Astrofisica) di Serra La Nave sull’Etna.
ASTRI è un telescopio a due specchi, di cui il primario – di oltre quattro metri di diametro – è composto da diciotto segmenti esagonali. Il telescopio ASTRI è il prototipo degli small size telescopes nell’ambito del progetto Cherenkov Telescope Array (CTA). È, quest’ultimo, un progetto internazionale che vede coinvolti quasi 1500 ricercatori da più di 200 istituzioni di 31 paesi, per la realizzazione di un complesso di più di 100 telescopi ‒ naturalmente a tasselli ‒ di varie dimensioni che verranno installati nei due emisferi, per lo studio della radiazione gamma ad alta energia: il progetto vede coinvolte numerose ditte italiane di altissima specializzazione.
Il primo di questi strumenti a entrare da poco in funzione è stato proprio ASTRI, nella stazione astronomica di Serra la Nave sulle pendici dell’Etna, il cui obiettivo è composto da 18 tasselli esagonali per un totale di 4,3 m. Il telescopio verrà così intitolato “Telescopio ASTRI-Horn d’Arturo”.
Guido Horn d’Arturo, infatti, alla fine degli anni ’60, aveva preconizzato l’utilizzo della tecnica a tasselli per la realizzazione dei futuri grandi telescopi. In suo onore, quindi, l’intitolazione del il 10 novembre, su iniziativa dell’INAF e della Società Astronomica Italiana (SAIt) e, il giorno precedente, venerdì 9 novembre, l’inaugurazione a Catania della mostra “Gli ASTRI di Horn”, realizzata dal Museo Ebraico di Bologna in collaborazione con le università di Bologna e Catania, INAF e SAIt. La mostra troverà spazio al Monastero dei Benedettini, proprio nei locali dove era ospitato l’Osservatorio di Catania e dove Horn lavorò da giovane come ricercatore, e ripercorrerà in 21 pannelli espositivi la vita dell’astronomo, raccontandone gli eventi, le passioni, il carattere.
Nato a Trieste nel 1879, da una famiglia ebraica, probabilmente di origine olandese, Guido Horn, nome ebraico El chan Gad, era il terzo di quattro figli. Il padre, Arturo, muore quando lui ha due anni, lasciandone l’educazione alla madre e al nonno materno, il rabbino Raffaele Sabato Melli, persona estremamente rilevante nella Comunità ebraica di Trieste. La formazione religiosa ricevuta in famiglia, tuttavia, non sembra svolgere un ruolo rilevante nella vita dell’astronomo, che, al contrario, pur memore e consapevole delle sue radici, condurrà sempre una vita da ebreo assimilato.
La Trieste di fine Novecento fa parte dell’Impero austro-ungarico, è una città cosmopolita e ricca di fermenti culturali di cui Horn risente in maniera proficua: conosce Saba, prende lezioni di inglese da Joyce, frequenta assiduamente cinema e teatro, abitudini che si porterà dietro anche a Bologna.
Da austriaco, quindi, Horn si trasferisce prima a Graz e poi a Vienna per completare i suoi studi in matematica, fisica e astronomia, laureandosi nel 1902 con una tesi sulle comete. Dopo la laurea riceve un incarico dall’I.R. Osservatorio Marittimo di Trieste, ma ben presto la sua consapevolezza di italianità, tipica proprio dell’ambiente triestino dell’epoca, lo spinge, nel 1907, verso gli osservatori astronomici della penisola.
Lavora così per tre anni all’Osservatorio di Catania per poi passare a quello di Torino per due anni e infine arrivare, nel 1911, come astronomo aggiunto, presso l’Osservatorio Astronomico della R. Università di Bologna, direttore Michele Rajna, allievo di Schiaparelli. Qui rimarrà fino alla morte, avvenuta nel 1967, dopo aver arricchito l’antica Specola bolognese di strumentazioni scientifiche e di una vasta biblioteca di testi preziosi e rari, dopo aver fondato la rivista di divulgazione scientifica “Coelum” e aver dotato la città di un moderno osservatorio sulle colline del vicino paese di Loiano. Solo due le interruzioni di questa permanenza. La prima è del 1915, quando Horn decide di arruolarsi volontario nell’esercito e di combattere da italiano durante la prima guerra italiana. Per poterlo fare, sostituisce al cognome Horn quello di “d’Arturo”, un patronimico italiano dietro il quale nascondere la sua diserzione dall’esercito austriaco, nel quale dovrebbe, invece, collocarsi. Lo sforzo e i rischi ai quali si espone gli varranno poi il diritto di ottenere la tanto desiderata cittadinanza italiana e di affiancare i due cognomi. La seconda interruzione, invece, non è volontaria: si tratta infatti delle vergognose leggi razziste del ’38, in seguito alle quali viene allontanato dal suo ruolo, sradicato dal suo ambiente e costretto a sospendere gli studi e la sperimentazione dello specchio a tasselli. Fortunatamente Horn riuscì a nascondersi, aiutato, negli anni più duri, dall’amico astronomo Giovanni Battista Lacchini, fino a riottenere alla fine della guerra il suo posto e a mettere a punto quella geniale invenzione grazie alla quale oggi siamo in grado di esplorare l’universo in maniera sempre più precisa e approfondita.
Fabrizio Bònoli, Università di Bologna
Caterina Quareni, Museo Ebraico di Bologna