Genova, la vergogna del ’38
e una targa per fare Memoria

Da Alberto Beer a Guglielmo Valobra. I nomi dei sedici avvocati ebrei genovesi privati del lavoro e della dignità professionale con l’entrata in vigore delle Leggi razziste tornano simbolicamente ad occupare i luoghi della loro espulsione.
Da ieri infatti li ricorda una targa, affissa nel Cortile del Palazzo di Giustizia del capoluogo ligure su iniziativa della Comunità ebraica insieme all’Ordine degli Avvocati, al Centro Culturale Primo Levi e alla Associazione Italiana degli Avvocati e Giuristi Ebrei.
Sedici nomi impressi su una lastra di pietra nell’atrio “affinché osservino ogni giorno chi entra a tutelare i diritti di tutti”, come è stato spiegato durante la cerimonia di svelamento della targa che ha preceduto un prestigioso convegno su con due ospiti d’onore, l’ex presidente del Consiglio Giuliano Amato e il professor Guido Alpa. Il primo, oggi giudice costituzionale, che ha parlato del silenzio dei giuristi italiani di fronte alle leggi antiebraiche. Il secondo, presidente del Consiglio Nazionale Forense dal 2004 al 2015, che ha sviluppato l’argomento delle “limitazioni alla capacità giuridica per motivi razziali”.
Relazioni stimolanti e con uno sguardo ai valori fondamentali da difendere, in una giornata dal significato etico profondo.
“Una giornata – afferma il presidente della Comunità ebraica genovese Ariel Dello Strologo – che ci ha permesso di ripercorrere storie e vicende individuali e al tempo stesso di studiare, approfondire e confrontarci su temi universali di grande attualità. Le circostanze generali rischiano infatti di alimentare nuovi pericoli per la nostra società, di fronte ai quali è importante agire con responsabilità e consapevolezza”. Due le parole chiave del suo intervento: indifferenza e ipocrisia. L’indifferenza che colpì gli ebrei italiani in quel periodo, l’ipocrisia di chi accettò quei provvedimenti perché aveva degli obiettivi che tali leggi favorirono.
Per assicurare un futuro di pace, la riflessione del rabbino capo rav Giuseppe Momigliano è necessario che si realizzi la giustizia all’interno e all’esterno “di questo Palazzo che ne è la sede istituzionale”. I nomi incisi sulla lapide aiutano quindi, ha proseguito il rav, “a ricordare, a mantenere inciso nella nostra coscienza, cosa significhi impegno di giustizia come esercizio di vita quotidiano”.
“L’iniziativa assunta a Genova è di grande importanza” sottolinea il presidente dell’Associazione Italiana degli Avvocati e Giuristi Ebrei Giorgio Sacerdoti, che anche nel solco di quanto realizzato ieri anticipa una iniziativa dello stesso tenore in programma a inizio febbraio a Milano. “Da una indagine svolta nelle scorse settimane, è risultato che furono 106 gli avvocati milanesi espulsi nel ’38. Renderemo loro omaggio, e lo stesso accadrà anche in altre città”.
Oltre duecento i partecipanti al convegno genovese, tra cui diversi rappresentanti delle istituzioni e del mondo forense oltre ai figli di alcuni dei giuristi cacciati intervenuti con commoventi testimonianze. “I decreti legge e le leggi tra il settembre e il novembre del 1938 e poi sino al giugno 1939 smantellano la vita degli ebrei: esclusione dalla scuola, dalle professioni e dagli impieghi, dalla proprietà, dal matrimonio, sino ai limiti alla capacità previsti in via generale dall’articolo 1 del nuovo Codice civile. Ne esce una spoliazione di diritti e facoltà, che non ha paragone nelle discriminazioni a cui altri erano stati e continueranno a essere assoggettati, si tratti di donne, di persone di colore, di stranieri immigrati. Nel caso degli ebrei vale a portare alla eliminazione. La privazione dei diritti – ha detto ieri Amato – che prepara la privazione delle vite”.
“Ricordare quella tragica vicenda – il monito di Alpa – è un dovere civico per ciascun italiano, ma è anche un monito per tutti, specie in tempi nei quali si registrano rigurgiti di antisemitismo, perché non si possa ricostituire un clima di odio e di discriminazione. Ed è particolarmente significativo per i giuristi, perché il diritto non sia strumento di sopraffazione ma possa servire a difendere i valori fondamentali della persona sui quali riposa la società civile”.

(Foto di Emanuele Dello Strologo)

(19 novembre 2018)