Gli insegnamenti di Lea
Tanti i messaggi di cordoglio condivisi in queste ore per la morte di Lea Sestieri, scomparsa all’età di 105 anni. Dalla presidenza dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane al Collegio rabbinico, istituzioni come privati hanno voluto ricordare il suo ruolo per l’ebraismo italiano e per l’apertura a un dialogo con il mondo cristiano. “Lea Sestieri sarà ricordata come una donna coraggiosa e visionaria. Per me, la sua è stata una presenza che mi ha indirizzato e guidato verso la conoscenza dei valori formativi che costituiscono la forza del dialogo ebraico-cristiano”, scrive Lisa Billig, rappresentante in Italia e presso la Santa Sede dell’American Jewish Committee. “Quanto Lea Sestieri – scrive Billig – è riuscita a fare nella sua lunga vita, costituisce non solo un esempio, ma ha significato l’avvento della presenza femminile nello studio dell’ebraismo, nella sua visione esemplare e magistrale, una realtà che oggi si manifesta nei libri, negli articoli, nei saggi, che arricchiscono l’inesausta ricerca storica e spirituale che ha sempre caratterizzata la cultura ebraica nel mondo”. “Lea è stata importante nella vita di molte persone: di sé parlava poco, era sempre rivolta agli altri e alle cose da fare, era diretta, essenziale, severa, a volte sapeva anche essere dura. – il ricordo di Marco Cassuto Morselli, presidente dell’amicizia ebraico-cristiana di Roma – Era laica, ma ci sono molti modi per essere laici. Quello di Lea non le impediva di scrivere, a proposito del Hassidismo renano, parole come queste: “?Tra le qualità specialmente richieste al hassid primeggia la seniyut, l’umiltà, la virtù che più di ogni altra riesce ad elevare l’anima di una persona. Bisogna sopportare insulti e umiliazioni per amore di Dio, perché l’uomo non è niente di fronte a Lui’”.
Di seguito i testi integrali del ricordo dedicato a Lea Sestieri da Lisa Billig e Marco Cassuto Morselli.
L’esempio di Lea
È stato grazie a Lea che sono diventata la prima presidente dell’Amicizia ebraico-cristiana a Roma, nel 1982, e questo ha determinato per me l’inizio di un coinvolgimento e impegno che dura da una vita. Quando Lea, insieme ad un altro paio di amici fondatori dell’Amicizia, si è avvicinata a me per invitarmi ad accettare questo onore, io mi sono domandata due cose: perché c’era bisogno di una struttura formale per le amicizie fra persone di religioni o culture diverse? E perché scegliere me? Le risposte erano semplici: la struttura di una associazione era necessaria per permettere lo svolgimento di attività pedagogiche (conferenze, tavole rotonde, corsi) intese ad abbattere i pregiudizi millenari e ad aprirsi alla conoscenza e al dialogo interreligioso; e hanno scelto me perché come ebrea americana, e dunque “outsider”, non ero condizionata dalle posizioni di un ebraismo ancora chiuso in se stesso, anche per motivi storici che lo giustificavano.
Lea, che era direttrice e ideatrice dei corsi sull’ebraismo dell’Amicizia, mi ha insegnato molte cose. Era perfettamente in linea con la tradizione dei Padri e, allo stesso tempo, capace di interpretare quell’insegnamento nella modernità. Si era formata negli studi ebraici presso il Collegio rabbinico. Straordinario il suo modo di avvicinarsi alla cultura ebraica, da sempre dominata dalla presenza maschile, una tradizione che lei non combatteva ma nella quale era capace di esprimere una visione femminile con competenza, decisione, ragionevolezza, rispetto e amicizia. Quanto Lea Sestieri è riuscita a fare nella sua lunga vita, costituisce non solo un esempio, ma ha significato l’avvento della presenza femminile nello studio dell’ebraismo, nella sua visione esemplare e magistrale, una realtà che oggi si manifesta nei libri, negli articoli, nei saggi, che arricchiscono l’inesausta ricerca storica e spirituale che ha sempre caratterizzata la cultura ebraica nel mondo.
Una delle specifiche capacità di Lea Sestieri, direi un dono, era quella di riuscire a stabilire un rapporto nello stesso tempo paritario e magistrale con i suoi allievi durante numerosi corsi culturali sull’ebraismo da lei organizzati e diretti. Sono rimaste nella memoria le ponderate domande, talvolta anche provocatorie, che le venivano rivolte da una platea sempre sospettosa e, direi sorpresa, dalla sicurezza amabile ma determinata con la quale conduceva le discussioni, sempre impegnata a conservare un’apertura verso ulteriori approfondimenti perché, come ben sapeva, non tutto quello che era stato detto conteneva tutto quanto era necessario dire. Quando è iniziato il tempo che ha visto Lea Sestieri impegnata a sciogliere i nodi che bloccavano un aperto dialogo ebraico-cristiano, quel tempo ha coinciso con una visione tradizionalmente ostile e sospettosa di quanto poteva trasmettere il mondo ebraico nel mondo in cui aveva scelto di stare. Accanto a Lea ho vissuto l’esperienza di unire all’apprendimento un modo di trasmettere il mondo ebraico con la consapevolezza di dare risposte prevenendo le tradizionali obiezioni dell’antisemitismo storico. D’altra parte il percorso storico degli ebrei italiani non aveva facilitato certamente un’approccio sereno delle comunità nel Paese che li vedeva presenti da più di duemila anni. Era quindi compito di Lea compensare un sospetto ragionato da parte ebraica con un pregiudizio irragionevole da parte cristiana.
Tra i suoi libri più noti: La spiritualità ebraica (1987), Gli ebrei nella storia di tre millenni (1980), David Reubeni: un ebreo d’Arabia in missione (1991) Ebraismo e cristianesimo. Percorsi di mutua comprensione (2000).
Lisa Billig
Il dialogo, un impegno da portare avanti
Se ne è andata di Shabbat Lea, il giorno prima di questo incontro inaugurale della AEC, quasi a darci modo di ricordarla nel modo giusto: continuando a fare il lavoro che lei ha fatto per così tanti anni della sua lunga vita. E trattando un tema così importante per lei, sefardita, e su cui ha parlato e scritto in tante occasioni: i Marrani.
Ho conosciuto Lea nel 1985, nella vecchia sede dell’AEC in via Calamatta. Aveva già superato i 70 anni, era una persona “anziana”, in piena attività: aveva forse appena lasciato l’insegnamento alla Pontificia Università Lateranense, dirigeva i corsi dell’AEC (letture bibliche a due voci, in particolare con Padre Innocenzo Gargano, camaldolese, e storia dell’ebraismo post-biblico), dirigeva una collana presso la Casa editrice Marietti, partecipava ai Colloqui di Camaldoli, teneva conferenze ovunque la chiamassero, scriveva articoli e libri.
Fino a quando abbiamo festeggiato i suoi 90 anni, nel 2003, è quello il periodo in cui l’ho frequentata di più. Ci incontravamo, al Sidic, all’AEC, a Camaldoli, ma soprattutto ci sentivamo per telefono. La chiamavo ogni giorno, più volte al giorno, ogni volta che nella mia scoperta dell’ebraismo avevo qualcosa da chiederle. A pensarci ora, mi sembra di essere stato una sorta di molestatore seriale, ma lei non mi ha mai dato l’impressione che la disturbassi.
A volte la vedevo, ma molto più spesso ascoltavo la sua voce, ed è attraverso questa voce quasi materna che scoprivo un po’ alla volta il Santuario sconosciuto. Lea è stata così importante nella mia vita che parlando di lei parlo anche di me, me ne scuso ma non so fare altrimenti.
Lea è stata importante nella vita di molte persone: di sé parlava poco, era sempre rivolta agli altri e alle cose da fare, era diretta, essenziale, severa, a volte sapeva anche essere dura. Era laica, ma ci sono molti modi per essere laici. Quello di Lea non le impediva di scrivere, a proposito del Hassidismo renano, parole come queste: «Tra le qualità specialmente richieste al hassid primeggia la seniyut, l’umiltà, la virtù che più di ogni altra riesce ad elevare l’anima di una persona. Bisogna sopportare insulti e umiliazioni per amore di Dio, perché l’uomo non è niente di fronte a Lui».
Avremo modo di ricordare Lea più a lungo in altre occasioni. Per ora, cara Lea, vogliamo tranquillizzarti: continueremo a lavorare per il dialogo ebraico-cristiano, come tu ci hai insegnato.
Marco Cassuto Morselli