Patologia
Qual è l’origine del male che stiamo vivendo? Quali sono le cause della patologia che porta alla nascita e alla diffusione di nuovi razzismi, al riemergere non più strisciante ma palese dell’antisemitismo, al successo crescente e massiccio di nuovi regimi forti, alla polemica dilagante contro un giornalismo liberamente critico? Pare di tornare a immergersi, lentamente e inesorabilmente, nelle epoche più buie del secolo scorso.
Probabilmente è la nostra prospettiva di epigoni della catastrofe che ci spinge a stabilire pesanti confronti, ad avvertire sulle nostre spalle il macigno di un’epoca di totalitarismi, distruzioni, stermini (della Shoah come annientamento sistematico del nostro popolo, in particolare) e a cogliere nell’oggi i prodromi inquietanti di un suo ritorno. Razionalmente ci diciamo che non può essere vero, che di necessità gli sviluppi storici sono figli del proprio tempo, che la società contemporanea è troppo diversa da quella che diede vita ai fascismi e rese concrete le loro aberrazioni. Eppure. Eppure sono innegabili il sempre più diffuso richiamo al fascismo di frange non poi così esigue, il propagarsi del pregiudizio razzista che spesso si esprime con orgogliosa violenza, il riemergere di un antisemitismo consapevole venato di complottismo e di nazionalismo.
E allora può essere utile a meglio comprendere andare oltre le macroscopiche differenze per cogliere alcune analogie di fondo tra il nostro tempo e la cosiddetta “età dei totalitarismi”. Oggi come allora abbiamo alle spalle una profonda crisi economica che ha inciso pesantemente sul tessuto sociale e sul potere di acquisto delle masse, creando solchi sempre più marcati tra ceti diversi; oggi come allora cresce la frustrazione di gruppi numerosi di cittadini e la loro animosità verso quella che ai nostri giorni chiamiamo “casta”; oggi come allora il sistema democratico appare incapace di dare risposte adeguate al diffuso scontento: nella seconda metà degli anni Trenta si trattava di una crisi di crescita, l’unica democrazia vera e matura erano gli U.S.A. e proprio da lì partì il default mondiale – in questi anni possiamo forse parlare di una crisi di logoramento, come se le nostre super-rodate e super-efficienti democrazie occidentali fossero prigioniere dei propri meccanismi, incapaci di rispondere alle reali esigenze di equità della gente comune. Oggi come allora, quindi, masse crescenti di varia composizione sono disponibili a sostenere movimenti fondati su una protesta populistica dura,vistosa e aggregante; movimenti in genere poco consapevoli nella pianificazione politica di lungo termine, ma molto capaci in una tattica politica di breve periodo: Oggi come allora i nuovi detentori del potere – ieri gli stessi Stati totalitari/autoritari, adesso i movimenti/partiti populisti – hanno necessità di manipolare l’informazione creando notizie “utili” (prima “veline”, ora “fakenews”) e sminuendo o cancellando notizie “dannose” (prima frutto di “complotti plutocratici”, ora figli dei “poteri forti”); comunque i nuovi poteri populisti mettono oggi fortemente in discussione la libertà di stampa, seguendo il solco degli autoritarismi che allora la negavano alle radici.
Potremmo continuare in questo istruttivo gioco di rimandi tra due secoli; probabilmente troveremmo altri interessanti paralleli. Fermiamoci prima di cadere nella fantapolitica distopica: non siamo inevitabilmente diretti verso il baratro di una coazione a ripetere. E’ probabile che procederemo ancora in un crescendo di difficoltà e in un indebolimento della democrazia senza precipitare negli abissi degli anni 1938-1945.
Tutto si svolgerà secondo la logica delle cose, spesso illogica ai nostri occhi contemporanei. Quello che possiamo fare è non abbassare la guardia. Abbiamo da poco affrontato nella Parashà di Va-Jetsé il tema del Sogno di Giacobbe, del Makom – del luogo del Signore, e di conseguenza della inevitabile condizione di esilio propria degli uomini. Come Ebrei, per antonomasia popolo dell’esilio e dello sradicamento, abbiamo il dovere di trasformare il mito antisemita dell’ebreo errante creato dalla Chiesa medievale in consapevolezza critica lungimirante: la persecuzione subita e sempre possibile deve farsi occhio vigile. Guido Fubini, z.l., intitolò uno dei suoi più illuminati articoli per “Ha Keillah” “Se la sentinella non avrà suonato il corno”, cogliendo l’attualità perenne dell’insegnamento profetico (Ezechiele, 33 – 6). Ecco, credo che sia nostro dovere di ebrei mantenere la posizione di sentinelle.
David Sorani