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Riforme e controriforme

alberto cavaglionNel dibattito sul rinnovamento dell’ebraismo, ritorna un tema antico: la riforma. Timidamente riaffiora un problema che ad Amburgo, Londra, Pittsburgh si discuteva più di un secolo fa ed anche in Italia aveva una sostanza, giuridica e culturale che oggi non vedo. Rispecchiano, questi ritardi, non solo sulla riforma, l’arretratezza dell’ebraismo italiano e una non piccola dose di provincialismo. Non entro nel merito, ho già dato. Gli storici del diritto più esperti mi avevano a suo tempo convinto che per un riconoscimento giuridico dell’ebraismo riformato non vi sarebbe altra via di uscita che una nuova Intesa: strada alquanto impervia tanto più in una situazione politica come quella attuale. Segnalo, per chi non lo ricordasse, che il paese dove è nata la libertà religiosa, l’Olanda, ha siglato nel 1984 una intesa sottoscritta da undici confessioni religiose, di cui tre ebraiche: la olandese, la portoghese, la riformata. La pluralità delle vie è sempre garanzia di libertà per tutti e un fattore di crescita. Sia per gli ortodossi, sia per i riformati. Dove c’è pluralità di vie l’identità si rafforza. Anche per gli ebrei laici che per lo più hanno considerato e considerano trascurabile un serio problema di coscienza. Poco da stare allegri. Mi consolo leggendo il libretto di Bruno di Porto, Il movimento di Riforma nel contesto dell’Ebraismo contemporaneo. La presenza in Italia (Angelo Pontecorboli ed.). Appena uscito. Offre gli strumenti necessari per capire come mai la storia è andata a finire così. Il libretto è anche una sorta di autobiografia indiretta, di uno studioso che ha dedicato la vita a indagare l’ebraismo italiano nell’Ottocento, le sue radici, la sua sapienza, ma anche i suoi ritardi, la sua continua politica del rinvio.

Alberto Cavaglion