Finale sconosciuto

Anna SegreA volte non sapere niente di una storia permette di gustarla molto di più: per questo faccio sempre molta attenzione con i miei allievi a non raccontare più del necessario (e mi rammarico che i libri di testo non siano altrettanto cauti). D’altra parte per decidere quali libri leggere o quali film o rappresentazioni teatrali andare a vedere siamo costretti ad informarci, con il rischio di scoprire qualcosa che ci rovinerà la sorpresa.
I casi in cui le circostanze ci permettono di liberarci da questo paradosso sono molto rari. Uno di questi mi è capitato mercoledì sera: è stato infatti principalmente il desiderio di ascoltare il coro Zemer, dell’AS.S.E.T. (Associazione Ex Allievi ed Amici della Scuola Ebraica di Torino) a portarmi al tetro Baretti di Torino a vedere Destinatario sconosciuto di Rosario Tedesco con Nicola Bortolotti e Rosario Tedesco.
Per il coro Zemer, che ha quasi dieci anni ed è oggi diretto dal maestro Roberto Duretti, la partecipazione allo spettacolo – in forma di intermezzo cantato, con una suggestiva entrata in scena dalla platea dei coristi al suono di Bona Nox di Mozart, seguita dalle note toccanti di Ani ma’amin (io credo) e di Wiegala di Ilse Weber – ha rappresentato un salto di qualità, un traguardo raggiunto grazie a mesi di impegno.
Per me è stata appunto una rara occasione per gustare un testo di cui conoscevo praticamente solo il titolo. Anzi, devo confessare che non solo non sapevo quasi nulla della vicenda (sapevo solo vagamente che c’era di mezzo uno scambio epistolare tra un tedesco e un ebreo), ma non sapevo neppure che si trattasse della messa in scena (a mio parere molto efficace) dell’omonimo romanzo epistolare di Katherine Kressmann Taylor. E, dopo una vicenda del tutto inattesa con un finale del tutto inatteso, è stato per me un ulteriore colpo di scena scoprire che il romanzo è stato scritto nel 1938. Da qui il desiderio di procurarmelo e leggerlo (anzi, si potrebbe dire rileggerlo, perché lo spettacolo, come ho potuto appurare, presentava fedelmente il testo completo). Questa volta io conoscevo il finale della vicenda, ma contemporaneamente mi rendevo conto, pagina dopo pagina, che era l’autrice del romanzo a non conoscere il finale della storia. Quelle che il giorno prima a teatro mi erano parse frasi un po’ ingenue, con riferimenti non opportuni e un po’ retorici alla storia successiva, ora mi apparivano straordinarie, quasi profetiche. Alla mia trepidazione per il destino dei personaggi si sostituiva la trepidazione dell’autrice – in cui provavo a immedesimarmi – per un futuro minaccioso e sconosciuto.
È bello leggere, vedere o ascoltare le storie senza sapere cosa accadrà ai protagonisti, ma è anche un gran sollievo leggere o ascoltare la storia sapendo che il nazismo è stato sconfitto. E sarebbe un sollievo ancora più grande sapere in anticipo che non tornerà mai più.

Anna Segre