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“Le intricate vicende storiche degli ebrei che hanno condotto alla Shoah possono essere comprese solo avendo a mente il peccato di rinnegare il Kerygma, ossia non credere che Gesù Cristo è il Redentore”. Sono parole, solo alcune delle parole di questo genere, tratte dal libro Kerygma, il Vangelo degli ultimi giorni, di Cristiano Ceresani, già capo gabinetto del ministro Boschi ed ora del ministro Fontana, un libro in cui si preannuncia l’Apocalisse e in cui un’ampia parte è dedicata alla Shoah. Il libro, che vuole essere una rilettura di 2000 anni di storia alla luce delle profezie bibliche, è stato solennemente presentato il 13 novembre nella Sala della Lupa alla Camera dei Deputati alla presenza di numerosi politici di diversi schieramenti. Avremmo potuto sopravvivere senza accorgercene se Furio Colombo non ne avesse parlato dettagliatamente su Il Fatto di ieri. Ma ora che ce ne siamo accorti, forse varrebbe la pena di farci sopra qualche riflessione. Che le spiegazioni teologiche della Shoah siano per chi non condivide la loro visione religiosa aberranti, è un dato di fatto. Ugualmente aberrante è stata recentemente l’affermazione di Abu Mazen secondo cui la Shoah sarebbe stata la punizione divina per il sionismo. Ma qui, con questo signore, torniamo addirittura alla Passione di Cristo, alla conversione, a interpretazioni che credevamo non sarebbero tanto facilmente riemerse alla luce nel mondo cattolico post-conciliare. Allora, cosa c’è di nuovo? Forse, soprattutto il luogo dove il libro è stato presentato, la Camera dei Deputati, e il ruolo pubblico, di oggi o di ieri, delle persone che vi hanno partecipato. Questo è nuovo e preoccupante.

Anna Foa, storica