Biografie – Ma gli errori di uno storico non sono perdonabili

mussoliniHans Woller / MUSSOLINI / Carocci

Se un romanzo storico contiene strafalcioni che stravolgono la storia, l’autore può invocare a difesa la licenza dell’immaginazione. Ma non può invocarla lo storico, specialmente se asserisce di aver compiuto il suo lavoro con «pregnanza e accuratezza storica», come afferma Hans Woller nella introduzione a Mussolini, il primo fascista. Purtroppo, in questa ennesima biografia mussoliniana, l’accuratezza è scarsa. Per esempio, vi si legge che Mussolini ebbe il «ruolo di caporedattore» dell’«Avanti», mentre ne fu il direttore; che nel 1921 Mussolini, leader del partito fascista, era «editore e caporedattore del suo organo ufficiale», mentre dirigeva «Il Popolo d’Italia» che mai fu organo del partito; che all’inizio «il Gran consiglio non fu un organo del partito, né dello Stato», mentre nacque come organo supremo del fascismo. Alla scarsa accuratezza si accompagnano giudizi estemporanei, espressi spesso con certa sciatteria colloquiale, e talvolta enigmatici, come: «II 25 luglio 1943 la rivoluzione fascista non fu liquidata, né il duce si vide declassato per sempre a ex». AItri esempi potrebbero essere citati. Il più eclatante è nel finale, dove il biografo tedesco accusa di apologia mussoliniana Renzo De Felice, per averlo presentato «come un dittatore dal guanto di velluto e aggressore suo malgrado, estraneo al razzismo e costretto all’antisemitismo da Hitler». Inoltre, il biografo italiano di Mussolini, definito «un virtuoso dell’autopromozione e un artista dell’occultamento in piena regola», è giudicato colpevole, insieme a Indro Montanelli, perché ha tentato di «sminuire la Resistenza, e infine – volente o nolente? – ha fornito materiale per politici senza ritegno del calibro di Silvio Berlusconi, che del passato hanno fatto quel che volevano». In verità, De Felice ha sempre affermato che l’antisemitismo fu «sostanzialmente un atto di volontà, una scelta di Mussolini» e «della sua incosciente megalomania». Quanto all’apologia, i patiti del duce possono citare la biografia di Woller per proclamare che «l’Italia, nazione giovane, divenne realmente uno Stato grazie ad anni e anni di infusione fascista nella sua compagine, che nel Paese, strutture statali abbastanza solide sorsero solo nel 1922 e che solo allora nel popolo cominciò a crescere una vera coscienza statale, identità che era stata in precedenza appannaggio di pochi». Come alternativa e antidoto a biografie di scarsa accuratezza storica, può essere letto il Mussolini dello storico francese Pierre Milza (Carocci). È tuttora la miglior biografia mussoliniana in un solo volume.

Emilio Gentile, Il Sole 24 Ore Domenica, 25 novembre 2018