Il ’38 e la classe dei giuristi
Lunedì pomeriggio, nel salone della Società Letteraria, si è tenuto un incontro su “Le leggi antiebraiche del 1938. Avvocati e magistrati fra legalità e giustizia”.
La Presidente della Società Letteraria, Dottoressa Daniela Brunelli, dopo aver ringraziato il Dottor Costantini per aver proposto ed organizzato l’incontro, ha ricordato come anche la Società Letteraria nel ’38 abbia dovuto espellere tutti i soci ebrei allora iscritti.
Il sodalizio ha visto e vede tutt’ora un’ampia partecipazione di iscritti alla Comunità ebraica. Nel ’38 fu l’avvocato Lombroso, nipote di Cesare, a scrivere una vibrata protesta al Ministro dell’interno sostenendo che la legislazione razziale non avrebbe dovuto riguardare un’istituzione privata, ma ovviamente non fu ascoltato. Ringraziando l’avvocato Alessandro Rigoli che le aveva appena fatto dono di una pubblicazione edita nel 2013 dalla Commissione Diritti Umani del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Verona in occasione dell’apposizione di una targa presso il Tribunale con i nomi dei 5 avvocati veronesi cancellati dall’albo in seguito alla promulgazione delle leggi antiebraiche, ha anche rilevato come tutti costoro fossero allora anche soci della Letteraria. Prima di passare la parola al primo oratore ha ringraziato per la loro presenza il dottor Celu Laufer, Presidente della Comunità ebraica e il rabbino di Verona Yosef Labi.
Sono stati presentati due importanti libri di recente edizione: la raccolta di saggi a cura del Poligrafico dello Stato “Razza e inGiustizia” contenente diversi importanti contribuiti istituzionali, storici e di magistrati e il volume “Una Storia Sbagliata” edito da Ippogrifico e curato da Massimiliano Amato, Ottavio di Grazia e dal giornalista Nico Pirozzi.
Il primo intervento, focalizzato su magistratura e legislazione antiebraica, è stato quello del magistrato Bartolomeo Costantini che presiedette il Tribunale militare di Verona nel processo che portò alla condanna del “boia” del Lager di Bolzano Michael Seifert.
Il dottor Costantini ha detto che non soltanto le leggi razziste furono una delle pagine più infami della storia d’Italia, della Storia governativa, della storia dei magistrati ma che si trattò di una “guerra che lo Stato italiano intraprese contro un gruppo di suoi cittadini. La razza in quelle leggi non c’entra niente; si trattò piuttosto di uno strumento potentissimo di una guerra intrapresa dallo Stato italiano, contro un nemico supposto, un capro espiatorio, sul quale deviare il malcontento”.
Ha ricordato che il Manifesto della razza fu commissionato dal regime fascista ad un gruppo di dieci “scienziati”, persone “illustri” e ben conosciute del mondo accademico. Ha ricordato come oltre alla rivista “La difesa della razza”, strumento di diffusione ed “educazione” all’odio, fu pubblicato anche il periodico il “Diritto razzista” curato da “illustri” avvocati, magistrati e docenti per dare un fondamento giuridico alle teorie razziali. “Fu una scarica di provvedimenti legislativi di grande impatto, approvati immediatamente senza discussioni e tentennamenti dal Parlamento”.
Con questa legislazione si cancellò ogni principio di uguaglianza previsto nel precedente ordinamento e si introdussero numerosi provvedimenti limitativi dei diritti a partire dal primo, certamente il più ignobile, la cacciata di insegnati ed alunni da tutte le scuole di ogni ordine e grado fino alla schedatura degli ebrei che fu lo strumento per realizzare quella che fu la Shoah italiana.
“È la volta buona per scrollarci di dosso quella credenza degli italiani brava gente. Gli italiani hanno contribuito efficacemente alla persecuzione dei diritti dal 1938 alla persecuzione degli esseri umani dall’autunno del 1943”.
Quale fu l’atteggiamento dei magistrati italiani? È doloroso dirlo ma è verità storica che fu silente, elusivo. I magistrati avevano ormai perso ogni idea del significato e della differenza che esiste tra legalità formale e giustizia sostanziale. È vero che la magistratura aveva espresso un generalizzato consenso al fascismo e che nel ’38 era già stata eliminata l’indipendenza dei magistrati, anche se qualche raro episodio di rivendicazione di autonomia decisionale ci fu; purtroppo però ogni voce non allineata In un regime dittatoriale viene sempre soppressa e l’elenco dei magistrati ebrei espulsi comprende ben 14 nomi.
Concludendo il suo intervento, Bartolomeo Costantini ha ricordato come molti magistrati furono non solo chiamati ad applicare la legislazione antiebraica ma contribuirono in prima persona alla sua stesura.
Tra questi spicca la figura di Gaetano Azzariti, che fu presidente del tribunale della razza ed invitando il giornalista Nico Pirozzi a parlarne gli ha anche chiesto di spiegare cosa si intendesse per ebrei discriminati ed ebrei “arianizzati”.
Il Giornalista del Mattino di Napoli, Nico Pirozzi, coautore di “Una Storia Sbagliata” ha ben delineato la figura e la storia di Gaetano Azzariti definito un vero “paradigma” di quella che è stata la storia d’Italia non solo durante e prima del fascismo ma soprattutto dopo .
Le leggi razziste non arrivarono inattese ma a ben vedere furono preparate per tempo da individui come Farinacci e Preziosi e basandosi su 2000 anni di antigiudaismo. Il razzismo biologico e antropologico però non era sufficiente al regime. Al potere serviva una diversità sancita giuridicamente di fronte alla legge e Azzariti non era l’usciere del Palazzo di Giustizia: nel 1938 da ben 20 anni era a capo dell’ufficio legislativo e predisponeva i testi legislativi.
Azzariti è stato quel superburocrate che ha aggiunto la sua firma al manifesto della razza per convinzione non certo per motivi “famigliari”. Con il nuovo codice civile i cittadini non erano più tutti uguali davanti alla legge come era stato per 90 anni, dai tempi dello Statuto Albertino.
Nel luglio del 1939 Azzariti viene nominato presidente del Tribunale della razza cioè presidente di un Tribunale che emetteva sentenze inappellabili.
Se prima del luglio ’39 l’ebreo poteva essere “discriminato” e quindi non soggetto alla legislazione razziali per meriti e benemerenze riconosciuti dal fascismo, dal ’39 ha un’altra “possibilità”, quella di essere “arianizzato”.
Bisognava però dimostrare che i genitori naturali non erano ebrei e quindi occorreva portare testimonianze ecc. Questo generò un sistema di corruttele enorme che arricchì più di un gerarca a partire da Guido Buffarini Guidi che prendeva la considerevole somma, per quei tempi, di 500mila lire (testimonianza di Calamandrei) per una pratica di “arianizzazione”.
L’ultima udienza del Tribunale della Razza è del luglio del ’43. Poco dopo Badoglio presenta al Re un elenco di nomi per il suo primo nuovo governo; tra questi c’è quello di Gaetano Azzariti. Con il secondo governo Badoglio sparisce il suo nome, ma nel dopoguerra il nostro superburocrate riesce a superare le prime commissioni per l’epurazione e in un questionario dichiara di essere stato fascista ma di non aver mai ricoperto cariche all’interno del partito o in organismi satelliti o nel parlamento fascista. Afferma di aver fatto parte di una commissione di carattere tecnico-giuridico composta in massima parte da magistrati che consentiva di far dichiarare “ariane” le persone sottraendole così dagli obblighi previsti dalle leggi razziste.
Azzariti diviene nel 1955 giudice della Corte costituzionale e nel ’56 ne è il Presidente. Se mettiamo in fila 60 milioni di italiani al quinto posto, come carica istituzionale, ci troviamo Azzariti. Nel 1961 va in pensione e nel 1970 il Comune di Napoli gli intitola una strada nell’assenza totale di ogni voce critica. Nessuno parla del passato di Azzariti, non ne parlano i giornali, non ne parlano gli storici.
Solo recentemente la via Azzariti a Napoli non c’è più; la strada è stata invece intitolata a Luciana Pacifico, bimba di nove mesi uccisa ad Auschwitz.
È poi intervenuto l’avvocato Alessandro Rigoli, Presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Verona che ha condiviso l’importanza dell’evento e la necessità di comprendere meglio il ruolo che l’avvocatura ha avuto durante il fascismo. Ha sottolineato la necessità di ricordare la storia e in particolare le immani tragedie del ventesimo secolo. Ha detto che la sua consigliatura ha posto a base dell’attività formativa proprio il culto della Memoria. Bisogna combattere l’indifferenza, avere sempre la consapevolezza e il coraggio di mettere a fuoco le situazioni. Ha ricordato come depotenziare magistratura, avvocatura e stampa sia l’inizio di ogni cammino dittatoriale, che così avvia il suo percorso di sopraffazione e instaurazione del potere ed ha citato in particolare quello che sta succedendo in Stati come il Venezuela e la Turchia.
Chi scrive ha concluso la giornata raccontando le vicende della propria famiglia negli anni delle leggi razziste e della deportazione e, per chiudere con una nota positiva, ha proiettato una fotografia di una scolaresca che aveva accompagnato in visita alla sinagoga quella mattina nella quale si mescolano, insieme a qualche viso “caucasico”, le facce sorridenti con i colori del mondo e dicendo che questo è il nostro futuro, che ci piaccia o non ci piaccia, dobbiamo vederlo come un messaggio di speranza.
Tra gli interventi del pubblico si segnala quello accalorato del dottor Guido Papalia, già Procuratore generale a Brescia e prima Pubblico ministero e Procuratore a Verona. Egli ha detto che “ancora una volta si è messo in rilievo come ci sia da vergognarsi per come l’Italia in quel periodo abbia potuto esprimersi, ma c’è da vergognarsi anche per come si è comportata dopo, nel non voler riconoscere le responsabilità, nel non voler capire il perché”. “Non era la responsabilità di un singolo, di un politico. Era la responsabilità di un sistema che non si è ritrovato all’improvviso fascista”, “il Codice Rocco era del ’30. E nel Codice Rocco c’è la “tutela della stirpe”. “Il diritto che avrebbe già dovuto ribellarsi, invece si è adeguato per esigenze, diciamo, di carriera così come quando si è trattato di occupare i posti tolti agli ebrei”.
“Non si può togliere la cittadinanza per motivi politici, tutti hanno diritto di rivolgersi al giudice per tutelare i propri diritti e oggi evitiamo per favore che certe situazioni vengano portate a limiti insuperabili, ed evitiamo altresì certe espressioni… dire prima gli italiani non è innocuo… Stiamo attenti a non andare contro la Costituzione. Impedire di difendere i propri diritti è andare contro la Costituzione”
Bruno Carmi
(28 novembre 2018)