Liliana Segre, le scuse del Ticino
Una storica visita, una nuova prova di coraggio e un cerchio che si chiude per Liliana Segre.
Di ragazzi ne incontra a migliaia ogni anno per raccontare la sua storia e le sue ferite, ma anche per condividere un messaggio di impegno rivolto necessariamente al futuro. Mai però l’aveva fatto a Lugano, in Canton Ticino, in Svizzera. Il paese che la respinse in modo atroce, lei e suo padre in fuga dal mostro nazifascista. L’inizio dell’abisso, con la di poco successiva cattura e la deportazione ad Auschwitz-Birkenau. Un numero tatuato sul braccio che oggi ha portato al Senato a difendere i diritti di tutti.
“Ho tanti amici qui. Sarebbe ingiusto generalizzare, ma certo non posso dire di non provare rancore verso l’uomo che quel giorno ci rimandò in Italia. Mi buttai a terra come una disperata, abbracciai le sue gambe implorandolo di non mandarci via. Lui ci fece riaccompagnare dalle guardie con la baionetta puntata alle spalle. Ricordo che sghignazzavano” ha detto la senatrice a vita nell’aula magna dell’Università della Svizzera italiana nel corso dell’affollato incontro organizzato ieri dalla Goren Monti Ferrari Foundation. Ad ascoltarla, tra tanti giovani, e insieme al presidente onorario del Memoriale della Shoah milanese Ferruccio De Bortoli, il consigliere di Stato del Canton Ticino Manuele Bertoli.
“È stata vittima – ha detto Bertoli – di leggi sbagliate, quelle italiane, ma anche quelle del nostro paese. Qui, ha chiesto asilo ma la Svizzera non lo ha concesso. Lo ha fatto in altri casi, ma non nel suo. Anche se non ne ho l’autorità, il compito spetterebbe alle autorità nazionali, le chiedo scuso sia a titolo personale che come esponente del Governo cantonale, sperando che errori del genere non si ripetano”.
Parole che hanno dato ulteriore significato a una giornata che resterà a lungo nella memoria. “Chiediamo scusa oggi per gli errori di ieri perché se vogliamo che non si replichino domani le vecchie ferite vanno rimarginate, non ignorate. Per non aggiungere all’indifferenza di ieri quella di oggi. Chi ha sofferto ha bisogno di vedere riconosciute le colpe di chi l’ha fatto soffrire. Non per vendetta, non per vittimismo. Per giustizia, per quel principio – ha scritto oggi Carlo Silini sul Corriere del Ticino – che cerca di riequilibrare il torto con la ragione”.
(Nell’immagine il Consigliere Bertoli con Liliana Segre)
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(4 dicembre 2018)