Certezze
In attesa nello studio medico per una vaccinazione.
Bambino che ripete una poesia e madre che incalza, pronta a suggerirgli i vocaboli persi quando lo vede esitare. Magari se gli lasciasse il tempo di pensare un attimo, lui si ricorderebbe il testo, ipotizzo tra me e me.
“Forte suona la campana / nella valle più lontana / per portare in ogni cuore…”?
“La certezza dell’amore!”, risponde la madre al bambino incerto. Mi sembra di sentir risuonare non le campane, ma una certa aura di feste cattoliche. Ma forse sono prevenuta da anni di disparate esperienze scolastiche.
Che cos’è la certezza, domanda lui. In effetti, a parte dover eventualmente ricordare che si scrive con doppia zeta, il bambino mi pare un po’ piccolo per i concetti astratti (non parliamo poi dell’amore, o dei vari tipi di amore).
La certezza, risponde la madre, è qualcosa che è sicuramente in quel modo e basta.
Accanto a me un bambino sta ascoltando con la fronte corrugata, e commenta: come dover mangiare lo yogurt a colazione! Non sempre, rispondo io, devi pensare a qualcosa che senza dubbio sai esserci sempre, ieri oggi e domani.
Con la stessa sicurezza (anche questa con doppia zeta) di quando in un compito doveva scrivere acqua-acquazzone-acquario-acquasantiera, e alla domanda su cosa fosse quest’ultima, aveva affermato fiero di conoscere la risposta ovvero dove ci si lavano le mani entrando in una chiesa, ora replica trionfante: allora la certezza è che HaShem mi farà diventare un angelo, ti ricordi che l’ho sognato!
Meno male, l’infermiera chiama.
Sara Valentina Di Palma
(6 dicembre 2018)