Orizzonti – Perché la crisi dei tunnel di Hezbollah riguarda anche l’Italia
Israele ha lanciato l’operazione militare «Northern Shield» per distruggere i tunnel di Hezbollah che dal Sud del Libano penetrano nel suo territorio. È un’operazione di vitale importanza per Israele e per la sicurezza dei suoi cittadini in Galilea. Il primo tunnel scoperto univa il villaggio di Kafr Kelain Libano e Metulla, penetrando per oltre 40 metri all’interno del territorio israeliano. Una galleria che avrebbe permesso ai miliziani di Hezbollah di commettere attentati contro la popolazione civile. Tutto ciò è avvenuto a pochi metri dall’area in cui dal 2006 è dispiegato il contingente militare delle Nazioni Unite (Unifil), la cui componente italiana è rilevante in termini di uomini e di mezzi. Alcune immagini catturate dai droni mostrano i camion carichi di terreno estratto dai tunnel transitare a breve distanza dalle postazioni dell’Onu. Il rischio di un nuovo conflitto riguarda dunque da vicino l’Italia poiché l’attività terroristica di Hezbollah rappresenta una palese violazione della Risoluzione 1701 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite dell’11 agosto del 2006. Quella risoluzione nacque grazie ad un contributo rilevante della diplomazia italiana: il 26 luglio di quell’anno si tenne alla Farnesina la Conferenza di Pace che pose le basi per la fine delle ostilità e per il dispiegamento della forza Unifil con mandato e regole d’ingaggio rafforzate. Promossa dall’allora premier Romano Prodi e dal ministro degli Esteri Massimo D’Alema, la Conferenza vide la partecipazione, fra gli altri, di Kofi Annan e del Segretario di Stato Usa Condoleezza Rice. All’Italia fu attribuito un ruolo di primissimo piano nella missione Unifil, prima guidata dal generale Claudio Graziano e, a partire dal 7 agosto di quest’anno, dal generale Stefano Del Col. Con la scoperta dei tunnel e con il riarmo di Hezbollah, la situazione sul campo muta radicalmente e la natura della stessa missione Unifil va aggiornata. La crisi dei tunnel impone dunque a Roma di intervenire per ripristinare la credibilità dell’Unifil minata da Hezbollah. Al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, l’Italia deve pretendere un chiarimento sul ruolo della stessa Unifil che dovrebbe garantire il disarmo dell’area compresa fra il confine Libano/Israele (la Linea Blu) e il fiume Litani. Senza nuove regole d’ingaggio la missione rischia di perdere di significato e senza un vero disarmo di Hezbollah un nuovo conflitto è inevitabile. All’Unione europea, che ha inserito Hezbollah nella lista delle organizzazioni terroristiche, va richiesto un impegno più deciso per la stabilizzazione del Libano. Sul piano bilaterale, poi, è necessario un confronto con il governo del Libano per comprendere quanto sia credibile l’implementazione della Risoluzione 1701 che assegna un ruolo di primo piano all’esercito libanese, che ha fallito il compito di impedire il riarmo dei miliziani filo-iraniani. Infine, anche in seguito all’incontro di pochi giorni fa il premier Giuseppe Conte e Abu Mazen, è cruciale rafforzare il rapporto con lo Stato di Israele, Paese amico ed alleato. La sicurezza di Israele ci riguarda da vicino e l’Italia può offrire un contributo concreto migliorando l’efficacia della missione militare internazionale nel Sud del Libano. Anche di ciò dovrà discutere il prossimo 11 e 12 dicembre il vicepremierMatteo Salvini quando si recherà in visita a Gerusalemme per incontrare il premier Netanyahu.
Gianni Vernetti, La Stampa, 6 dicembre 2018