Gilet gialli
Nell’ultimo ventennio la Francia è stata spesso descritta come un paese minacciato se non “assediato” da una forte componente della popolazione proveniente dalle ex colonie, in parte, di cultura o religione islamica. Una minoranza che sarebbe all’opposto per mentalità e costumi rispetto alla popolazione francese “autoctona”, e quindi incapace di potersi in qualche modo integrare, nonché tendente all’integralismo e incline in ogni momento a mettere a ferro e fuoco le città francesi, come avvenne nel 2005. Fenomeni, come la deriva jihadista o l’antisemitismo che si respira in molti quartieri periferici, sicuramente reali e che non vanno sottostimati, per quanto da slegare da tali retoriche xenofobe o da quelle dello “scontro di civiltà”.
In questi giorni però abbiamo visto lo stesso paese travolto dalla rivolta dei cosiddetti gilets jaunes, un movimento multiforme e proprio per questo difficilmente gestibile. In numerosi casi le proteste hanno portato a devastazioni di ogni tipo, incendi, episodi razzisti, e persino a morti e feriti. Moti che hanno poco a che fare con l’emarginazione dei “territoires perdus de la République” quanto piuttosto portate avanti da una maggioranza per lo più “bianca”, rurale, e appartenente alla classe media. Per quanto entrambe, in realtà, prodotte dallo stesso malessere e risentimento. La rabbia dei gilets jaunes non ha provocato comunque la stessa indignazione e preoccupazione suscitata da altre rivolte passate, ma ha anzi riscosso la simpatia persino di alcuni politici non francesi.
Parte delle motivazioni per le quali i gillets jaunes sono scesi in strada, come in altri casi, sono probabilmente legittime. Sono rappresentazioni del forte divario creatosi in Europa tra i “tradizionali” partiti di governo, considerati “elitari”, e il resto della popolazione, che secondo questa percezione sarebbe invece incompresa e abbandonata a sé stessa. Bisognerebbe chiedersi come mai l’Italia, la quale non ha sicuramente una situazione più idilliaca riaspetto alla Francia, sia per adesso esente da manifestazioni analoghe. Se dunque un governo “populista” e più reazionario riesca a calmare maggiormente gli animi dei cittadini rispetto a rappresentanti politici diversi, vecchi o nuovi che siano. Il futuro degli Stati europei e la loro tenuta democratica dipenderà anche da questa domanda. Per il resto, nell’attesa di una luce più forte, cerchiamo davvero di illuminare i nostri cuori e le nostre menti come i lumi della Chanukkiah. Otto giorni purtroppo forse non basteranno.
Francesco Moises Bassano
(7 dicembre 2018)