Otto giorni otto lumi
Luce che svela il nascosto
Sesto lume
Nella Torà è scritto che Giacobbe amava Giuseppe più degli altri figli, perché era il “figlio nato quando era vecchio/saggio” (Genesi 37:3). Rash”y (Rabbì Shelomò Ytzchaqì 1040-1105) indica tre modi di leggere il termine Ben Zequnym (figlio nato da vecchio/saggio): 1) Intende l’età di Giacobbe; 2) Indica che tutta la saggezza che Giacobbe aveva imparato nelle scuole di Shem e Ever le aveva trasmesse a Giuseppe; 3) Giuseppe gli era somigliante nell’aspetto e nell’intimo. A queste letture si può collegare quella di Rabbenu Ya’akov ben Asher (1269-1343) che, nel suo commento afferma che le lettere della parola “ZeQuNYM/vecchiaia” alludono agli ordini della Mishnà/Talmud (Zeraim, Qodashim, Nashim, Yeshuot (Neziqim), Moed). Non solo, Rabbenu Ya’akov dice che il valore numerico di “ZeQuNYM” (207) è uguale a “RaZ/segreto” (207), allusione questa ai significati nascosti della Torà che Giacobbe e Giuseppe sono in grado di raggiungere. La figura di Giuseppe, che nel brano di ieri rivela il disegno divino che si nasconde dietro il sogno di Faraone, è simbolo della luce che svela ciò che è nascosto. Proprio come i lumi che accendiamo in questi giorni.
Settimo lume
Ytzchaq Luria insegna che la formatura corretta della benedizione per l’accensione della Chanukkyà debba essere Leadliq ner Chanukkà e non Leadliq ner shel Chanukkà. La spiegazione ruota intorno al concetto mistico che ciò che facciamo nel nostro mondo viene fatto nel mondo superiore. Negli otto giorni di Chanukkà accendiamo 36 lumi, ai quali se aggiungiamo gli otto lumi di servizio (Shammash) arriviamo a 44 lumi. Ecco che in totale tra mando inferiore e mondo superiore si accendono 88 lumi, numero che corrisponde alla parola PaCH, l’ampolla del miracolo dell’olio e alla parola NaChaL, che significa torrente di acqua, le cui consonanti sono anche le iniziali delle parole della benedizione secondo Ytzchaq Luria. Come un torrente che porta acqua in luogo dove non c’è, la luce di Chanukkà sono mezzo per far arrivare la Torà dove non c’è.
Rav Adolfo Locci, rabbino capo di Padova
(9 dicembre 2018)