Società – Come nasce una dittatura, due libri per riflettere

dittatureDue libri di prossima uscita in italiano ci mettono in guardia di fronte ai pericoli agli sviluppi politici attuali, in Europa e non solo, all’insegna del populismo e della demagogia. Movimenti che sfruttando paura e insicurezza della gente davanti alle crisi economiche, le sfide della diseguaglianza, dell’immigrazione, del cambiamento tecnologico, propugnano governi autoritari ispirati al passato. Il primo libro è “Fascism – A Warning” (Una messa in guardia) di Madeleine Albright, già segretario di Stato americana al tempo di Clinton, oggi docente di relazioni internazionali all’Università di Georgetown, a Washington. Di lei ricordiamo in particolare come solo in età adulta scoprì che in Cecoslovacchia durante l’occupazione nazista tre dei suoi nonni erano stati, in quanto ebrei, vittime della Shoah. L’altro volume è “Totalitarisme Fasciste” di Marie-Anne Matard-Bonucci, la studiosa francese nota anche da noi per il suo libro del 2008 “L’Italia fascista e la persecuzione degli ebrei”. Entrambi i libri esaminano il passato con un occhio attento a quello che succede oggi nel mondo, non solo nei loro rispettivi paesi, gli Stati Uniti e la Francia: il diffondersi di tendenze politiche demagogiche e populiste che hanno portato all’affermarsi di governi o regimi più o meno autoritari che, a seconda del contesto, praticano il nazionalismo, il mito del capo, l’aggressività verbale (e non solo) contro gli avversari, e attentano alla libertà di stampa e all’indipendenza della magistratura e, in crescendo, agli stessi meccanismi democratici. Questa deriva fa meditare le autrici sul fascismo italiano, modello di tutti questi regimi, che non a caso i populisti di oggi minimizzano quando non lo prendono sempre più spesso e senza remore a loro modello. Soprattutto i due libri ci invitano a meditare sugli inizi del fascismo italiano: cresciuto in sordina nel contesto della crisi successiva alla prima guerra mondiale, fino alla presa di potere in modo quasi soft grazie all’appoggio della borghesia spaventata dalla “violenza rossa”. Una volta preso il potere, esso soppresse in breve tempo le libertà fondamentali, sotto la direzione di un capo assoluto. Dopo qualche anno di crescita economica sociale che consolidò il consenso delle masse, seguirono però l’avventura coloniale, l’alleanza con la Germania nazista (che aveva preso il fascismo nostrano a modello), l’antisemitismo di regime, fino al capolinea della guerra disastrosa. Madeleine Albright vede i germi del fascismo in tanti governi contemporanei, nazionalisti e autoritari che ricercano il consenso con la demagogia e una volta installati limitano progressivamente le libertà democratiche. Regimi che lei ha ben conosciuto quando era a capo del Dipartimento di Stato americano, dalla Serbia di Milosevic, al Venezuela di Chavez, e successivamente i vari Putin, Erdogan, Orban. La Albright teme che i modelli della prima metà del XX secolo tornino ad essere fonte di pericolosa ispirazione citando Primo Levi: il punto critico può essere raggiunto “non solo col terrore della intimidazione poliziesca ma anche sopprimendo e distorcendo l’informazione, indebolendo l’indipendenza della magistratura, asservendo il sistema educativo, e diffondendo in tanti modi la nostalgia per un sistema dove regnava l’ordine”. Persino gli Stati Uniti non sono immuni da questi pericoli, come dimostra l’esempio del senatore McCarthy negli anni 1950. Il presidente Trump, ammonisce la Albright, mette in atto molti degli strumenti demagogici, propagandistici tipici dei regimi autoritari. Spetta agli anticorpi della consolidata democrazia americana ( e così per noi quella europea, dobbiamo aggiungere) vigilare perché essa non venga messa in pericolo e gli Stati Uniti della “America first” non si trovino isolati nel mondo per effetto delle sue politiche unilaterali e aggressive. La Matard-Bonucci, da parte sua, analizza in profondità i caratteri che portarono il fascismo mussoliniano a diventare, volutamente, un vero e proprio “Stato totalitario”: un regime di violenza contro ogni opposizione, di soppressione delle libertà e della autonomia di ogni possibile contropotere, di occhiuto controllo poliziesco, di adesione acritica di massa fomentata dalla propaganda di regime, di canalizzazione verso supposti nemici esterni ed interni – come le democrazie parlamentari e da ultimo gli ebrei – dell’aggressività innata in un simile regime. Fino a poco tempo fa, osserva l’autrice, il modello fascista appariva per sempre discreditato salvo che agli occhi di piccole minoranze di nostalgici. Non più così oggi purtroppo. In Italia i valori della Resistenza e dell’antifascismo vengono minimizzati e il fascismo subdolamente riabilitato. In Europa sono parecchi i partiti “sovranisti”, nazionalisti, che predicano la chiusura agli stranieri, la discriminazione, la gestione autoritaria del potere fondata sul consenso del “popolo” senza intermediazioni e controlli. Sulla base di una dettagliata analisi di tanti aspetti del fascismo che sono emblematici, anche se magari sfuggono ad osservatori disattenti (anzitutto la cultura del insulto, dell’odio e della violenza), l’autrice ci invita a riflettere sull’oggi e a non abbassare la guardia davanti a possibili involuzioni del contesto democratico che non va mai dato per acquisito una volta per tutte. Lo stesso allarme che lancia la Albright sulla base della sua vasta esperienza. Un monito che noi ebrei, che dei regimi fascisti abbiamo fatto le spese, non dobbiamo né possiamo ignorare.

Giorgio Sacerdoti, Presidente Fondazione Cdec
Pagine Ebraiche, dicembre 2018