…Francia
“La Francia muore di fame e gli ebrei festeggiano Chanukkà”, è una frase che girava per la Francia fino a pochi giorni fa. Come se qualcuno dicesse: “La Francia muore di fame e i cristiani continuano ad andare in chiesa la domenica mattina”.
Gli attacchi antisemiti nel paese della rivoluzione libertaria ed egalitaria sono in aumento. I cimiteri ebraici vengono regolarmente violati. Nel recente passato non sono mancati i morti. Non si sa che cosa ancora si debba attendere per dichiarare un ‘stato di emergenza’. Ora i Gilet Gialli accusano Macron di essere un pupazzo nelle mani degli ebrei che, come è naturale aspettarsi, tirano le fila della politica francese, e non solo di quella. Non dimentichiamoci di Soros.
Dietro l’odio antisemita ci sono un po’ tutti, uniti contro il nemico comune, dalla destra che non ci ama, alla sinistra terzomondista, per non parlare dell’islamismo militante. Difendere la sinistra per attaccare la destra o scagionare la destra per attaccare la sinistra non è nelle mie corde. Lo lascio fare agli ideologi di parte. Qui si tratta di ammettere in fretta che è a repentaglio la sicurezza degli ebrei di Francia. Un paese che, Rivoluzione a parte, non ha un pedigree di filosemitismo spiccato. La sua storia è costellata di roghi (non solo del Talmud) e di spietate persecuzioni, di espulsioni e interessati richiami. Vichy, per quel che ci riguarda, è stato solo l’ultimo marchio vergognoso e indelebile sulla sua storia. Ora non occorre neppure che qualcuno rispolveri l’accusa di omicidio rituale. L’animus antisemita che cova da anni sotto le braci è pronto a infiammarsi e a dare suoi malefici frutti.
Siamo in ansiosa attesa che la Francia libertaria ed egalitaria, la Francia della ‘Fraternité’, levi la sua voce per proclamare inequivocabilmente se sta dalla parte della vita o dalla parte della morte. E gli ebrei di Francia ne prendano finalmente atto.
Senza farsi ammaliare da false illusioni.
Si dirà che la Francia non è così, che la maggioranza silenziosa la pensa in altro modo. Forse è vero, ma potremmo non aver il tempo e il modo di verificarlo. Già tante altre volte si è dovuto constatare che il silenzio uccide, e magari spiana la strada ai campi di sterminio.
Dario Calimani, Università Ca’ Foscari Venezia