MEMORIA Meglio di Schindler list: la Shoah come mai era stata raccontata

deenedettiAntonio Debenedetti / QUEL GIORNO, QUELL’ANNO / Solferino editore

Importa sapere subito che i due straordinari racconti di Antonio Debenedetti (Quel giorno, quell’anno, Solferino editore) siano frammenti della memoria infinita della Shoah. Importa di più notare, in questo libro, qualcosa di profondamente diverso da ogni cosa già scritta, soprattutto nel primo racconto (già pubblicato in altre raccolte dell’autore) che si intitola “E fu settembre”. Ti trovi all’improvviso di fronte a una modalità narrativa che produce una forte emozione perché la percezione dei fatti qui è rovesciata rispetto alla narrazione dell’Olocausto come la conosciamo. Di solito (tipico è il ricordo di Schindler List) siamo in compagnia dei perseguitati, che siamo persuasi dalla narrazione di conoscere bene, e vediamo insieme a loro l’avvicinarsi della nuvola nera che sta per inghiottire milioni di vite. Dalla narrazione dell’Olocausto, così come tipicamente la frequentiamo, siamo abituati a identificare le vittime come la nostra guida, la nostra parte di umanità, che sta per essere spinta in un inferno di follia macabra, per conto di una forma di pensiero e governo chiamato nazismo, chiamato fascismo. Qui tutta l’attenzione è spostata su una persona che è sola, piccola e irrilevante nella vita, o così ci appare (è la forza tragica del racconto) per la inaudita sproporzione delle forze che lo pretendono come vittima. Da una parte lo sforzo inutile di scansarsi della preda, che ha appena letto sul giornale della sua incomprensibile, inspiegabile condanna. Dall’altra un potere immenso e cieco che occupa tutto lo spazio, decide di tutte le convinzioni, controlla tutti i comportamenti, e sai subito che in nessun caso abbandonerà la preda. Sto parlando del primo racconto di questo piccolo libro prezioso (nei giorni in cui vandalizzano le pietre di inciampo di Roma) perché in esso compare un secondo piccolo marginale personaggio (la religiosa Clotilde che aiuterebbe, per impulso misterioso e spontaneo che la rende normale, cioè incapace di perseguitare, se potesse e se sapesse che cosa accade e ad opera di chi). Qui l’enormità di ciò che sta accadendo ci appare ancora più gigantesca e paurosamente ripetibile se solo una forza di potere bene organizzata e non contrastata può cogliere ciascuna persona isolata, una a una, come in quel film di orrore che è stata la Shoah. La grande intuizione, letteraria ma anche politica, di Debenedetti, è di mostrare la sproporzione schiacciante fra persecuzione e perseguitato. La lezione è per sempre.

Furio Colombo, Il Fatto Quotidiano, 17 dicembre 2018