Società – Il movimento riformato in Italia
Bruno Di Porto / IL MOVIMENTO DI RIFORMA NEL CONTESTO DELL’EBRAISMO CONTEMPORANEO / Angelo Pontecorboli Editore
Il movimento dell’ebraismo riformato è una realtà presente in molti paesi, che può contare su numeri davvero cospicui, in particolare negli Stati Uniti. Figlio dell’haskalah, l’illuminismo ebraico, che ebbe come centro propulsore la Germania dalla seconda metà del ‘700, è oggetto – sin dalla sua nascita – di un acceso dibattito.
Il recente libro di Bruno Di Porto, “Il movimento di Riforma nel contesto dell’ebraismo contemporaneo. La presenza in Italia”, edito da Angelo Pontecorboli Editore, ne riassume agilmente la genesi e la storia, sia nel mondo che in Italia, con un ampio excursus nella situazione attuale nel nostro Paese.
Storico, già docente universitario, studioso, saggista, direttore per anni del periodico Hazman Veharion (Il tempo e l’idea), lui stesso vicino all’ebraismo riformato, Di Porto fotografa una situazione che nel nostro paese esiste nei fatti, e il complesso dialogo con l’ebraismo ortodosso, al quale l’UCEI e le Comunità ebraiche italiane fanno riferimento per storia, tradizione e Statuto, anche se una prima presenza del movimento Reform in Italia va fatta risalire agli inizi del ‘900.
Nelle sue diverse declinazioni, più o meno temperate, l’ebraismo Reform adotta usanze lontane da quelle dell’ortodossia, per esempio la possibilità per le donne di officiare le preghiere come i rabbini maschi, o l’approvazione di “versioni” della kasherut più blande e non aderenti alle regole previste dall’ortodossia. Anche la matrilinearità della trasmissione dell’appartenenza ebraica di madre in figli è messa ampiamente in discussione, e molte correnti dell’ebraismo riformato decretano automaticamente l’ebraicità del figlio di solo padre ebreo.
Si tratta di regole evidentemente incompatibili con quelle dell’ebraismo ortodosso. E di una presenza, per così dire, vicina e al contempo lontana, che pone senz’altro una questione sulla quale riflettere. Anche in Italia, come è peraltro emerso nei recenti Stati Generali dell’UCEI, in cui esponenti del movimento Reform hanno sottoposto alcuni temi e spunti di riflessione all’assise riunita.
Nel nostro Paese, da oltre vent’anni esistono congregazioni Reform radicate, anche forti della presenza di persone provenienti da altri paesi. Le più note sono Lev Chadash a Milano e Beth Hillel a Roma: realtà ben organizzate, presso le quali si tengono regolarmente le funzioni religiose, si celebrano le festività, si propongono iniziative culturali. Questi gruppi non sono riconosciuti da UCEI e Comunità ebraiche, seppure esiste un vivo dialogo, e forme di supporto e di vicinanza.
La presenza dell’ebraismo riformato pone certamente delle domande all’ebraismo italiano. Non ultimo, il tema dei numeri. Le Comunità ebraiche italiane non possono contare su una immensa platea di iscritti, ed esse stesse lottano per affermare la propria presenza nella società, con una certa preoccupazione per il futuro, in particolare nelle piccole Comunità. Di qui i timori per la potenziale, ulteriore “spinta” alla frammentazione.
Questo volume di Bruno Di Porto è un contributo nella direzione di approfondire il tema. Il libro è coadiuvato da un imponente e interessante apparato di note e documenti, che costituisce quasi la metà dell’impaginato.
Marco Di Porto