Volando sulla città, con Chagall e Bella
È trascinante e sognante farsi prendere nel vortice liberatorio del pittore visionario, e volare insieme a lui e alla sua amata sopra il cielo della città lasciando sotto di noi le sue passioni, i suoi contrasti, i suoi piccoli mondi differenti e opprimenti. È poesia allo stato puro quella che si contempla e quasi si respira nelle opere di Marc Chagall esposte al Palazzo della Ragione di Mantova (Marc Chagall. Come nella pittura, così nella poesia – 5 settembre 2018/3 febbraio 2019); una poesia intrisa di ebraismo in ogni profilo, in ogni colore, in ogni pennellata. E un ebraismo non conquistato faticosamente nello studio, bensì posseduto in modo naturale e istintivo, espresso con la spontaneità di un soffio vitale e capace di dare slancio intimo a ogni immagine.
Quattro sono le sezioni fondamentali di questa esposizione non vastissima ma ricca di pregnanti sguardi sul mondo: le grandi scenografie per il Teatro Ebraico di Mosca; i dipinti privati e quasi autobiografici; le acqueforti sulle favole di La Fontaine; le acqueforti sui temi della Bibbia ebraica.
Le grandi immagini di scena, create per accompagnare e inquadrare l’azione drammatica, già ci proiettano – con la loro fantasia onirica, il loro scattante senso del movimento, i loro colori squillanti e contrastanti – nel pieno del tessuto teatrale: intuiamo dalle forme e dall’irruenza il carattere rigeneratore e formativo a un tempo che il teatro assumeva nel 1920, durante la gloriosa e liberatoria prima fase della Rivoluzione russa, quando una ancora libera creatività assumeva forme di autentica avanguardia (Mejerchol’d, Stanislavskij, Majakovskij). Il mondo ebraico orientale erede della shtetl esprimeva una modalità autonoma ed estremamente creativa di drammaturgia che per una breve stagione di libertà fiancheggiò con entusiasmo il processo rivoluzionario. I personaggi e i gesti creati da Chagall per il teatro danno forma e vita a questo universo ebraico, dove la solennità del sofer si incontra con la vivacità del banchetto nuziale e con la danza scatenata del giovane e dei suoi inseparabili tefillin.
L’altra faccia dell’esuberante artista pubblico è un pittore visionario e malinconico, quello che incontriamo nello sguardo sul bosco vicino a Vitebsk che lui stesso e l’adorata moglie Bella lanciano al di là della finestra, in una delle sue tele più intime, quasi una pagina di diario: l’intensità struggente, calda del verde che calamita l’attenzione si unisce qui al bisogno di protezione rappresentato dalla finestra stessa, come a suggerire l’incanto di un mondo che sta “oltre”. L’oltre, la visione sembra anche la dimensione ricercata dallo stesso doppio soggetto intimamente vincolato (Marc e Bella di nuovo insieme) nel volo liberatore che genera Sulla città, caso straordinario (ma presente in varie opere chagalliane) di desiderio aereo di sublimazione capace di farsi realizzazione pittorica concreta.
Rispetto al lirismo privato e sognatore l’atmosfera che regna nel ciclo di acqueforti a illustrazione delle favole di La Fontaine appare certo meno personale e autentica, più oleografica. Ma anche in questi piccoli bozzetti di vicende emblematiche la capacità intuitiva e sintetica del genio riesce a suggerire con inimitabile maestria il significato di fondo, a isolare in un gesto il valore perenne e didascalico che i protagonisti assumono.
Ma è nelle vicende e nei personaggi del Tanach che Chagall ritrova pienamente se stesso e la sua immagine del mondo. In parte è probabilmente l’universo dell’infanzia a riaffacciarsi nell’artista, quello delle storie narrategli nell’ambiente chassidico; in parte i personaggi, le visioni, i movimenti, le aspirazioni che animano le tante acqueforti a soggetto biblico sono l’esito e la sintesi della sua Weltanschauung. Nella creazione di Adamo, nel sacrificio di Isacco (chiamato chissà perché “Il sacrificio di Abramo”), nel sogno di Giacobbe, nell’attraversamento del Mar Rosso, nella consegna delle Tavole della Legge, nella figura del re David salmodiante o perdutamente attratto dalla bella Betsabea non scorgiamo solo la descrizione vivida di eventi decisivi, ma altrettante interpretazioni della realtà, altrettanti giudizi sull’uomo. I nostri padri sono portatori di messaggi attuali a noi diretti, che l’intensa, spontanea religiosità chagalliana vuole catturare e trasmettere. Un insegnamento su tutti, forse: l’azione semplice, giusta, diretta, accompagnata da una profonda devozione nel Signore sono la guida salda che il popolo ebraico ha avuto e che gli ha permesso di sopravvivere attraverso millenni di sventure e persecuzioni. Tramite il ritratto dei nostri padri Chagall sembra suggerirci che anche l’uomo d’oggi ha tremendamente bisogno di tutto ciò.
David Sorani