L’Inail si inchina a Fuà
“Memoria urgenza del presente”
“Ebreo, dirigente dell’istituto, discriminato e dispensato dal servizio a causa delle leggi razziali fasciste del 1938. Con la speranza e l’impegno che mai più tanta disumanità abbia a verificarsi e mai più un uomo subisca persecuzioni a motivo della razza, dell’ideologia e della fede”.
Parole che sono da questa mattina sono un monito permanente, impresso su lapide, nella scalinata di accesso alla sede dell’inail, l’Istituto nazionale Assicurazione Infortuni sul Lavoro di cui Aldo Fuà fu alto dirigente e da cui fu cacciato nel momento dell’entrata in vigore dei provvedimenti antiebraici. Una pagina nera nella storia dell’istituto, oggi ricordata alla presenza dei discendenti di Fuà, con tanti nipoti e pronipoti a dimostrare la vittoria della vita contro l’oscurantismo e il razzismo. A testimoniare l’emozione dei familiari Dario Coen, uno dei nipoti di Fuà, cui si deve questo momento di ricordo condiviso.
“Un lungo itinerario che arriva alla conclusione. E un segno importante di Memoria”. Così il presidente Inail Massimo De Felice nel dare inizio alla cerimonia, cui hanno tra gli altri partecipato anche la presidente UCEI Noemi Di Segni, la presidente della Comunità ebraica romana Ruth Dureghello, il rabbino capo rav Riccardo Di Segni.
“Oggi – ha detto Coen – ricordiamo una grave infamia, che precede temporalmente la Shoah e che ne è l’anticamera. Le leggi razziste promulgate nel ’38 sono una vergogna incancellabile del regime, una vergogna che andò a colpire circa 60mila cittadini italiani innocenti. Mio nonno preferiva non ricordare, quasi si vergognava dell’umiliazione subita allora. Oggi facciamo Memoria. Nel suo nome e nel nome di tutti coloro che subirono le conseguenze di quei provvedimenti”.
Aggiunge Coen: “Nel 1880 Luigi Luzzatti, ebreo, ebbe l’intuizione di istituire l’Inail. Nel 1932 Guido Zevi, ingegnere ebreo, ebbe l’incarico di ricostruire il palazzo dopo una demolizione. Nel 1938 Aldo Fuà, dirigente ebreo dell’Inail, viene cacciato dal suo posto di lavoro a seguito delle leggi razziste fasciste. Nel 2018 una targa lo ricorda. Glielo dovevo, a mio nonno. Sembra ieri, non riesco a perdonare, non riesco a dimenticare, non riesco a capire. Potrebbe succedere di nuovo ?”.
Le leggi razziste, ha ricordato il rav Di Segni, devono essere considerate alla stregua di un tradimento perpetrato ai danni di una comunità distintasi nell’Italia unitaria. “Ricordare – ha affermato il rabbino capo – è un monito che ci guida nell’attualità”. Sulla stessa lunghezza d’onda il direttore de La Stampa Maurizio Molinari: “L’augurio – il suo auspicio – è che anche altre istituzioni seguano questa strada”.
(19 dicembre 2018)