Periscopio – Giudizio articolato
La recente visita di Matteo Salvini in Israele – segnata, com’è noto, da forti dichiarazioni di amicizia e solidarietà verso lo Stato ebraico -, e le diverse reazioni dalla stessa suscitate, sollecitano diverse considerazioni, rinviando, soprattutto, a due dati di fondo, che, piaccia o non piaccia, paiono caratterizzare i tempi che stiamo vivendo, e su cui già abbiamo avuto modo, di recente, di formulare alcune riflessioni.
Il primo dato è che, per una lunga serie di ragioni, Israele piace oggi soprattutto ai politici di destra, mentre continua, come sempre, a essere malvisto da quelli di sinistra. Non solo: anche la stessa maggioranza governativa israeliana sembra guardare con fiducia ad alcuni politici della destra europea, gli stessi che una parte dell’opinione pubblica israeliana di sinistra mostra invece di detestare (si veda, per esempio, l’editoriale di Ha-Aretz, che ha indicato il nostro Vice-Premier, pubblicamente elogiato da Netanyahu, come persona non gradita nel Paese).
Il secondo elemento è l’evidente divaricazione, sul piano valoriale, che pare oggi percepita tra la difesa di Israele e quella dell’ebraismo in generale. Due realtà – ebraismo e Israele – che, purtroppo, vengono sempre più spesso sentite come indipendenti l’una dall’altra. Salvini e molti suoi compagni di bandiera pronunciano parole nette a sostegno dello Stato ebraico, e forti condanne della violenza terroristica araba, ma non mostrano alcun imbarazzo ad allearsi con partiti apertamente antisemiti, così come non sembrano scandalizzarsi per le innumerevoli sortire antisemite che inondano i social dei loro alleati di governo, così come per le reiterate allusioni e battutine sugli ebrei che infiorettano giornali di area a loro molto vicini.
Si tratta di due semplici constatazioni, della mera presa d’atto di due realtà su cui ci sarebbe molto da dire e da commentare, ma che, indubbiamente, esistono. Entrambe le cose – e soprattutto la seconda – sono per me motivo di allarme e preoccupazione, ma, come si dice, non si può litigare con la realtà.
Per quanto riguarda, in particolare, la persona del Ministro degli Interni, e dei suoi molti seguaci, il mio giudizio è molto chiaro, ma articolato:
Massimo apprezzamento per la sua difesa di Israele, che voglio credere sia sincera e duratura, e che mi auguro porti ad atteggiamenti coerenti su tanti fronti, a cominciare dalla posizione dell’Italia in seno alle Nazioni Unite, e al comportamento del nostro Paese nei confronti di Paesi come l’Iran, la Siria, il Libano, e di bande criminali come Hamas. È su questo tavolo che si misura l’amicizia, Signor Ministro. Comunque, La ringrazio senza riserve per le sue parole.
Allo stesso tempo, nessuno sconto, nessuna indulgenza di fronte alle ricorrenti, grevi e inaccettabili cadute di linguaggio del Vice-Premier, e alla sua amicizia nei confronti di antisemiti dichiarati. Non si azzardi mai più, Signor Ministro, a dire che ci sono dei migranti che fanno “pacchia”, o dei cittadini italiani che “purtroppo ci dobbiamo tenere”, altrimenti dirò anch’io, di Lei, che “purtroppo, ce lo dobbiamo tenere”. E, prima di accettare qualche invito a cena, ricordi la Sua visita a Yad Vashem, la cui memoria tanti Suoi amici mostrano di disprezzare.
Un giudizio articolato, dunque, come spesso impongono le cose della vita, che possono essere difficilmente valutate con la semplicità di un “like” o di un pollice verso.
Spesso, ma non sempre. Ci sono, infatti, alcune persone, e alcuni giornali, su cui non c’è proprio nulla da articolare, da modulare, da argomentare. Persone e giornali che sono quello che sono, e che su cui non ci sarebbe proprio nulla da dire, se non fosse che della loro esistenza siamo costretti, periodicamente (e mi sia consentito, in questo caso, di usare l’avverbio “purtroppo”), a ricordarci. Alla vigilia della visita del Ministro in Israele, il Manifesto ha pubblicato un ameno e delicato articoletto di Moni Ovadia, specialista della testata per le questioni ebraiche, intitolato “Salvini il sionista, perfetto portavoce di Netanyahu”, che si concludeva con questa perla: “se gli ebrei del tempo di Hitler fossero stati come gli israeliani di Netanyahu, i nazisti avrebbero progettato la Endösung? La mia risposta è: non credo”.
Semplicemente perfetto. Mai visti un opinionista e un giornale più degni l’uno dell’altro. Continuate così, compagni.
Francesco Lucrezi, storico