Immagini – Cecil Beaton
La foto di questa settimana ritrae il grande musicista Irving (Israel) Berlin con sua moglie Ellin Mackay sposata in seconde nozze dopo la morte della prima moglie, Dorothy Goetz, precocemente scomparsa di tifo contratta durante il viaggio di nozze a Cuba.
La foto venne scattata dal famoso fotografo inglese Cecil Beaton per la rivista “Vanity Fair America”. Assunto come disegnatore dalla rivista Vogue, Beaton si distinse soprattutto come fotografo immortalando personaggi dell’epoca; ma il mondo della moda e dello spettacolo non furono il suo unico ambito: egli, infatti, durante la seconda guerra mondiale venne incaricato dal Ministero dell’informazione britannico di documentare le attività della Raf nel Regno Unito e con la sua immancabile macchina Rolleiflex documentò la sofferenza e la povertà della popolazione inglese nel periodo bellico sensibilizzando fortemente l’opinione pubblica, specie quella americana. Sembra addirittura che le sue fotografie furono determinanti nel convincere la popolazione americana della necessità dell’intervento statunitense nel conflitto mondiale a fianco degli alleati contro il nazifascismo.
Questo ruolo di fotografo di guerra lo riabilitò anche in parte dalle accuse di antisemitismo che lo coinvolsero nel 1938 allorché riportò la didascalia “Kike” a commento di alcune fotografie pubblicate dalla rivista di moda Vogue che ritraevano personaggi ebrei del mondo dello spettacolo e della high society newyorkese. “Kike” è un termine dispregiativo per indicare gli ebrei e viene fatto risalire al periodo delle intense immigrazioni di cittadini del vecchio continente, molti dei quali erano analfabeti ed erano costretti a firmare con una X; gli ebrei ortodossi che, al contrario, non erano analfabeti ma non conoscevano l’alfabeto latino si rifiutavano di apporre la croce come firma e facevano un cerchio che in Yiddish si dice, appunto, “kike”.
La foto di Berlin e sua moglie è, invece, antecedente a questo periodo: risale al 1930 e ritrae la coppia giovane e innamorata che, nonostante la forte opposizione da parte della famiglia di lei, visse insieme per più di sessant’anni sino alla sua morte. Le contrarietà nascevano dalla circostanza che Berlin era ebreo, di estrazione sociale bassa e figlio di immigrati, la Mackay, al contrario, era una tipica esponente della società americana benestante, figlia di un WASP, cioè un membro della società bianca, anglosassone e protestante. Il padre di lei fu sempre contrario a questo rapporto tanto da diseredare la figlia.
La famiglia di Irvin Berlin, arrivò in America dalla Bielorussia, nel 1893 in fuga dai Pogrom e dalle condizioni di povertà assoluta. All’arrivo ad Ellis Island, sotto la statua della libertà, il padre di Irvin mutò il cognome ebraico da Bejlin a Baline affinché avesse una sonorità più americana e da Cantore in sinagoga in Bielorussia riuscì a solo a riciclarsi come garzone di una macelleria Kosher e morì appena pochi anni dopo il suo arrivo a New York.
Dopo la morte del padre Irvin, ancora ragazzo, iniziò a cantare nei ristoranti per racimolare qualche soldo da portare a casa alla madre che raccoglieva gli spiccioli dai figli per riuscire a garantire loro un pranzo e una cena. Dopo l’orario di chiusura Irvin si tratteneva nei locali e lì iniziò a suonare il piano come autodidatta improvvisando liriche e musiche che presto furono notate da importanti produttori.
Comincio così la carriera di uno dei più grandi musicisti di tutti i tempi. Molti furono i suoi successi, ma primo fra tutti l’impareggiabile “White Christmas” scritta e composta nel 1942. La canzone vendette più di cinquanta milioni di copie e vinse l’Oscar come miglior canzone nel film interpretato da Bing Crosby “La Taverna dell’allegria”.
Ancor oggi è fra le canzoni più interpretate ed incise e costituisce il singolo più venduto al mondo.
Berlin e Crosby diedero inizio a quel filone di canzoni natalizie, originali, rivisitate o in versione pop che da sempre fanno da colonna sonora alle festività natalizie. Curioso e forse anche un po’ ironico che il padre di queste canzoni sia un ebreo figlio di un Cantore Yiddish: forse che la sofferenza e la povertà dei primi anni di vita del grande compositore lo abbiano inconsciamente indirizzato verso un genere musicale che, a prescindere dalla religione di appartenenza, esprime l’idea di famiglia, patriottismo e di buoni sentimenti.
Ruggero Gabbai