Le origini, gli enigmi, il malinteso

Quando Umberto Eco pubblicò nel 1988 il suo travolgente Pendolo di Foucault, il suo denso romanzo storico che fu certo uno dei maggiori fenomeni editoriali di quegli anni, pochissimi critici letterari avevano anche solo una minima idea di quello che potesse essere il misticismo ebraico. Eppure il libro, che intanto si imponeva all’attenzione di milioni di lettori in tutto il mondo, era pieno di riferimenti ai principi cabalistici.
Sarebbe bastato attendere pochi anni per vedere periodici popolari e quotidiani blasonati come il New York Times straboccare di reportage sulla Kabbalah come nuova religione delle star. Titoli come “Cinque celebrities coinvolte nel culto della Kabbalah” o “Kabbalah per tutti e non solo per Madonna” erano divenuti talmente popolari da portare la rivisitazione di concetti un tempo esclusivamente ebraici alla portata di una platea vastissima. Il braccialetto rosso che diventò il segno di riconoscimento di una nuova classe di vip alla ricerca di forme di saggezza molto spesso malintese e comunque a buon mercato, si moltiplicava al polso delle vedette. E l’immancabile ondata di scandali e di scandaletti cominciò a venire a galla ponendo fortunatamente un termine alla parte più superficiale e deteriore del fenomeno.
Il boom di interesse per la mistica ebraica nell’ambiente delle star è molto spesso associato al Kabbalah Centre californiano della famiglia Berg e alle sue attività concentrate soprattutto negli Stati Uniti. Per comprendere la sua presa e la sua influenza profonda è utile ricostruire le ragioni della composizione sociologica dell’ebraismo statunitense. Dopo la Seconda guerra mondiale e la Shoah, dopo la distruzione dei maggiori centri ebraici in Europa, l’ebraismo americano affrontò una profonda mutazione cercando di adattarsi alle esigenze e ai bisogni delle famiglie ebraiche che abitavano nelle fasce suburbane e cercavano di affrontare da protagoniste la stagione della ricostruzione. L’orientamento maggioritario non era quello di tornare alle origini dell’identità e della religione e per molti giovani la saltuaria e formale frequentazione di una sinagoga in occasione delle feste solenni, la partecipazione a qualche campo estivo e una sommaria preparazione per la maggiorità religiosa costituivano tutto il bagaglio disponibile per tenere assieme la propria identità ebraica.
Questo progressivo svuotamento identitario, che si sovrapponeva all’emergere dei movimenti di contestazione degli anni ’60 finì per portare molti giovani ebrei a cercare quello che mancava alla loro spiritualità nel movimento New Age, nella sperimentazione di sostanze psichedeliche, nelle collettività Ashram, Hindu e Buddiste. Una ricerca costellata dai ritmi dei Beatles e di Leonard Cohen, il quale, nel 1974, con la sua “Who By Fire” riprendeva il tema della liturgia delle feste solenni.
Feivel Gruberger nato a Brooklyn nel 1929, ebreo ortodosso e vicino al mondo delle yeshivot prese il nome di Philip Berg e cominciò a sviluppare le sue teorie mistiche sulla scia di questa grande mutazione sociale. Seguace e studioso del rabbino cabalista Yehuda Ashlag (1885-1954), Berg si convinse della necessità di dare ai temi della mistica ebraica la massima diffusione esaltandone i valori universali.
Il suo Kabbalah Centre aprì all’inizio i battenti nel 1960 a New York e a Tel Aviv e cominciò ad attrarre giovani ebrei desiderosi di allontanarsi dal mondo dell’LSD o alla ricerca di una chiave new age al mondo della tradizione e della Legge ebraica. Ma il processo di globalizzazione e la tendenza a universalizzare queste conoscenze portò presto i centri di Berg a moltiplicarsi in tutto il mondo e ad allontanarsi sempre di più degli autentici motivi ispiratori.
Protagonisti di questa nuova stagione di estrema popolarizzazione e anche di commercializzazione saranno i figli di Berg, Yehuda (nato nel 1972) e Michael (1973) oltre alla moglie Karen (1945) che dopo la sua morte nel 2013 avrebbe assunto la direzione dei Kabbalah Centre orientandone la linea in chiava marcatamente femminista. La stampa popolare americana iniziò a segnalare le attività dei Kabbalah Centre quando la cantante Madonna cominciò a frequentarli e cambiò il suo nome in Esther. Le sue popolari canzoni “Ray of Light” (1998), “Confessions on a Dance Floor” (2005), il suo video allestito per il film “Die Another Day” (2002), i suoi libri per bambini e la maglietta indossata in pubblico con lo slogan “Kabbalists Do It Better” hanno fatto storia e impressionato milioni di fan.
Altre celebrity come per esempio Jennifer Aniston, Gwyneth Paltrow, Ashton Kutcher e Britney Spears hanno seguito Madonna nei centri di Berg e si sono lasciate immortalare con i segni rossi che caratterizzano seguaci della mistica ebraica. Innumerevoli altri intellettuali, scrittori, architetti, attori, musicisti sono stati influenzati dalla diffusione della mistica ebraica.
Il marito di Madonna, Guy Ritchie, ha realizzato alcuni film ispirati a questa esperienza. Come Revolver (2005), fortemente impressionato dagli insegnamenti di Berg, ma anche, nel 2008, dopo il divorzio dalla cantante, “Sherlock Holmes” (2009), una pellicola estremamente antispirituale che denuncia un’ipotetica setta dedicata all’occultismo e alla mistica e intenzionata a distruggere l’Impero britannico.
La grande mostra organizzata dai musei ebraici di Vienna e di Amsterdam ha il merito di raccogliere una enorme quantità di testimonianze e di materiali per ripercorrere i mille rivoli generati dalla popolarizzazione forzata della Kabbalah e dalla sua forte diffusione nella società circostante.
Questi segni, talvolta evidentemente distorti o sfigurati dagli intenti commerciali di alcuni loro propagatori, restano comunque un’importante testimonianza da studiare e da valutare e l’idea di farli correre in parallelo con le antiche preziose testimonianze dei maestri della mistica ebraica aiuta a comprendere la complessità del patrimonio culturale ebraico, la forza e il grande fascino del suo insegnamento mistico. Il visitatore cammina quindi su uno stretto sentiero tenendo da un lato l’autenticità dell’apporto ebraico e dall’altro i frutti, talvolta malati, della sua spettacolarizzazione.
Un’esperienza indimenticabile che dovrebbe aiutare tutti a riflettere sulle potenzialità e sulle insidie, ma anche sulla improrogabile necessità di sviluppare un rapporto fra la vita e la cultura ebraica e la realtà delle culture maggioritarie che nell’ebraismo cercano talvolta ispirazione e insegnamento.

Dossier Kabbalah, Pagine Ebraiche Dicembre 2018