Orizzonti – Ebrei nel mondo arabo, il conflitto irrisolto

bensoussanGeorges Bensoussan / GLI EBREI DEL MONDO ARABO. L’ARGOMENTO PROIBITO / Giuntina

Gli ebrei del mondo arabo. L’argomento proibito, il nuovo libro di Georges Bensoussan pubblicato in queste settimane da Giuntina aggiunge un importante tassello al processo di indagine che lo storico francese, ma nato in Marocco, ha sostanzialmente avviato nel 2012 con Juifs en pays arabes. Le grand déracinement. (1850-1975). Con quel testo Bensoussan compiva vari atti di rottura che ancora oggi non gli sono perdonati. Il primo atto è quello di indicare come il processo di espulsione o di fuga che in gran parte gli ebrei vivono e intraprendono soprattutto all’indomani della fine della seconda guerra mondiale è un luogo non frequentato dalla ricerca storica. Quel tema obbliga a ripensare come si sono formate le classi dirigenti politiche nelle ex colonie, che cosa abbia significato il processo di decolonizzazione, quali rotture abbia prodotto. Il secondo atto di rottura riguarda gli elementi di conflittualità che sottostanno a quella fuga in massa, tanto da configurare nel giro di una generazione, la sostanziale scomparsa della componente ebraica in quella porzione di mondo. In quel libro che per moti aspetti era una la rottura di un tabù la parola o il concetto più ricorrente era umiliazione. L’umiliazione ritorna potente anche in Gli ebrei del mondo arabo. L’argomento proibito, solo che questa volta più che le vicende specifiche che raccontano di quel crescendo di insopportabilità che poi inizierà a divenire strutturale nel secondo dopoguerra, il problema è dato dal silenzio intorno a quelle pratiche o dalla incomprensione di che cosa indichino quelle pratiche e la loro diffusione e il loro radicamento nella mentalità collettiva. In che cosa consisteva l’umiliazione? Nella storia di un processo di differenziazione sociale tra minoranza ebraica che con l’avvio della realtà coloniale intraprende una strada di emancipazione in gran parte fondata sulle attività lavorative, e che dunque significa modernizzazione dei costumi, e un mondo arabo che si occidentalizza solo negli strati sociali alti e aristocratici, comunque nel notabilato, mentre retrocede e socialmente e culturalmente nelle classi medie e basse. Ma quella svolta a partire dagli anni ’30 del Novecento fonda la propria convinzione tanto da trasformarla in rancore, proprio perché il processo di colonizzazione è vissuto come un impedimento a essere se stessi. Negli ebrei ciò che si legge da parte dell’opinione pubblica araba è l’occidentalizzazione. Nel loro emanciparsi culturalmente, ciò che non si sopporta è la propria umiliazione, essere dei perdenti. Il recupero dunque della propria dignità, della presa di consapevolezza che la propria vita è degna di essere vissuta passa dunque per la loro punizione, per la sanzione che li renda di nuovo non liberi (questo è uno dei motivi strutturali che produce simpatie per il nazismo nell’opinione pubblica araba negli anni ’30 e simpatie che nelle colonie francesi dopo il crollo della Francia esprime il consenso alla Francia di Vichy, ma è anche quello che rende complicato e problematico vivere insieme, anche fuori dal proprio territorio). Il tema dunque, dietro l’antisemitismo in nome del proprio diritto a recuperare la propria dignità, o del rancore sociale che matura nel territorio metropolitano una volta che si sia uscito dalla propria terra d’origine, è quello della possibilità o meno di “vivere insieme” che indica una storia lunga appunto di conflitto, di insopportabilità, di odio talora che attraversa la storia dell’ultimo secolo e mezzo nei paesi arabi. Ma soprattutto è la rimozione della sua radice strutturale, sostituita da altre conflittualità, da altri elementi simbolici in cui il carico di negatività è parte del processo di costruzione della propria aspirazione alla dignità e a vederla riconosciuta. Una conflittualità che si carica di altre variabili, non trattabili o non scambiabili in politica che dicono di un conflitto non risolto. Ma anche, aggiungerei, difficilmente risolvibile.

David Bidussa, storico sociale delle idee