JCiak – Un’occasione mancata
Un premio non basta a dare gambe e fiato ai film. A fare la differenza sono il riscontro di pubblico e critica e in questo caso non si sono fatti attendere. Eppure spiace non trovare nella rosa dei prestigiosi David di Donatello due documentari dedicati alle Leggi razziali: 1938 – Diversi di Giorgio Treves e 1938, Quando scoprimmo di non essere più italiani di Piero Suber. Senza nulla togliere al lavoro della commissione né alla qualità dei film selezionati, era l’occasione di proporre all’attenzione delle giurie – ottant’anni dopo – una della pagine più buie e dolorose della nostra Storia nel racconto dei diretti testimoni.
“Data l’alta qualità e l’interesse dei film candidati, arrivare a una selezione di soli 15 titoli è stato un processo sofferto e dibattuto. Tuttavia ciò dimostra la vitalità stilistica e tematica del documentario italiano contemporaneo”, si legge in un comunicato della commissione di selezione dei David di Donatello sezione documentari.
Individuare 15 lavori su ben 113 titoli iscritti dev’essere stata un’impresa. La rosa dei candidati segnala infatti un livello eccezionale – da Santiago di Nanni Moretti a La strada dei Samouni di Stefano Savona al bellissimo What You Gonna Do When the World Is On Fire di Roberto Minervini.
Sarebbe stato bello però immaginare che i giurati – 1559 in questa 64esima edizione – prendessero visione anche dei due lavori sulle leggi razziali. In questa fase storica che in tutto il mondo vede fiorire neofascismi e neonazismi, rileggere il passato è un esercizio indispensabile. E se a parlare sono i testimoni, la riflessione acquista un’urgenza ancora più pressante.
Sia 1938 – Diversi di Giorgio Treves sia Quando scoprimmo di non essere più italiani di Piero Suber danno voce alla Storia attraverso le vicende individuali. Presentato fuori concorso alla Biennale del cinema a Venezia, il film di Treves (vincitore nel 1986 del David di Donatello) illumina i meccanismi di persuasione messi in atto dal regime fascista mostrando come, nel giro di pochi mesi, la propaganda riuscì a trasformare gli ebrei da “diversi” a nemici della nazione.
Articoli, vignette, fumetti e filmati dell’epoca si alternano alle testimonianze di Roberto Bassi, Liliana Segre, Rosetta Loy e Aldo Zargani e alle riflessioni, fra gli altri, di Sergio Luzzatto, Alberto Cavaglion, Edoardo Novelli, Bruno Segre, Marcello Pezzetti, Liliana Picciotto, Michele Sarfatti.
Il documentario di Piero Suber, presentato alla Festa del cinema di Roma, ricostruisce invece cinque storie esemplari, raccontate in gran parte dai diretti protagonisti. S’incontrano gli Ovazza, una famiglia di ebrei fascisti massacrata sul Lago Maggiore nell’autunno del 1943; Moretto, il pugile del ghetto di Roma che sfidò i fascisti; il ferrarese Franco Schonheit e i suoi genitori, sopravvissuti ai campi di sterminio nazisti; un’ebrea friulana che si salvò nascondendosi in casa di un incisore del Vaticano e una famiglia di presunti delatori.
ll film si chiude con un breve viaggio tra Casapound e i movimenti di estrema destra e la vicenda delle strade ancora intestate, a 80 anni di distanza, ai firmatari del Manifesto della razza. A confermare, se mai ce ne fosse bisogno, che quel passato non se n’è mai andato.
Daniela Gross