Picconate

Anna SegreA Trino, in provincia di Vercelli, l’amministrazione comunale ha accettato di regolarizzare la moschea locale ponendo come condizione l’abbattimento della parete divisoria tra uomini e donne. Questo – è stato detto – per rispettare un principio costituzionale. Leggendo questa notizia mi sono domandata di quale articolo della Costituzione si parlasse. Non certo dell’articolo 8, “Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge”, e neppure dell’articolo 19, “Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume”; mi pare davvero difficile, infatti, definire “contraria al buon costume” l’usanza di pregare separati per non essere distratti dalla presenza di persone dell’altro sesso; casomai la si dovrebbe definire esageratamente attenta al buon costume. Dunque di quale articolo si parla? Dove mai nella nostra Costituzione sta scritto che le amministrazioni comunali hanno diritto di decidere in quali spazi i fedeli si devono disporre durante la preghiera? Cerco di approfondire la questione e scopro che l’articolo chiamato in causa è il 3, che sancisce l’uguaglianza tra tutti i cittadini senza distinzioni di sesso. Credevo che essere uguali significasse avere gli stessi diritti e gli stessi doveri, non che si dovesse essere obbligati a condividere gli stessi spazi. Oppure essere uguali può significare che gli uomini e le donne dovrebbero avere le stesse possibilità di accesso ai ruoli chiave, comprese le cariche religiose. In tal caso sarebbero fuorilegge l’ebraismo ortodosso, il cattolicesimo e l’islam, dato che rabbini, preti e imam sono solo uomini. In pratica secondo questa logica le uniche religioni consentite in Italia dovrebbero essere l’ebraismo riformato e il protestantesimo (e forse poche altre che non conosco). Se poi si richiedesse una presenza paritaria di donne negli organi che prendono le decisioni credo che sarebbe fuorilegge l’Italia intera. Dunque meglio lasciar perdere l’articolo 3, altrimenti siamo nei guai.
Ho trovato sconcertante anche il modo trionfalistico e quasi del tutto acritico in cui questa vicenda è stata raccontata qualche giorno fa da “Striscia la notizia”, che pure in teoria dovrebbe essere un tg satirico: si parla di muri abbattuti (montaggio alternato con scene della distruzione del muro di Berlino), di “un piccolo passo per l’uomo, un grandissimo passo per la comunità” e, cosa più inquietante di tutte, le motivazioni della separazione sono presentate con un tono sgradevolmente sarcastico e con un’animazione di dubbio gusto.
Dico inquietante perché naturalmente la cosa riguarda anche noi. Anche noi ebrei ortodossi preghiamo separati e anche noi affermiamo ufficialmente che la promiscuità potrebbe essere un fattore di distrazione. Lo abbiamo sempre fatto e non mi risulta che nessuno ci abbia mai imposto di fare diversamente. Cosa succederà d’ora in poi? Sarà anche questo un caso come quello della circoncisione o della macellazione rituale in cui i politici che vogliono colpire l’islam finiscono per colpire anche noi? Personalmente mi sono spesso lamentata del fatto che gli spazi assegnati alle donne nelle sinagoghe siano più scomodi, più lontani dal centro, privi di banchi su cui appoggiare i libri, ecc. Ma non ho mai pensato che la separazione in sé potesse essere considerata discriminatoria: basterebbe suddividere gli spazi più equamente. Peraltro mi risulta che anche nelle chiese fino a non troppo tempo fa uomini e donne usassero sedere separati.
Non mi darebbe fastidio se la mehitzà, la barriera che separa uomini e donne, fosse un giorno abbattuta per una decisione del rabbinato o delle Comunità, ma se fossero le autorità locali a impormi di abbatterla credo che la difenderei con tutte le mie forze. Se oggi si prende a picconate la libertà di professare liberamente la propria religione quale altra libertà si prenderà a picconate domani?

Anna Segre