Assuefatti all’odio
Certo i paragoni tra i politici del nostro presente e i dittatori sanguinari del secolo scorso sono magari eccessivi. Rispetto al passato, non siamo probabilmente di fronte a vere e proprie ideologie totalitarie con una visione del mondo e degli scopi ben delineati. Piuttosto, un indeterminato calderone ribollente che inghiotte e rispunta fuori gli umori della “ggente”. Naturale che in questo clima di esaltazione dell’ignoranza i nostalgici dei vecchi fascismi, i cultori dell’”uomo forte”, e revisionisti di ogni risma siano tornati alla carica, come in un invito a nozze. Ciò che però più di ogni altra cosa porta a tracciare un paragone con altre tragedie è la nostra paralisi, la nostra atrofizzazione rispetto a ciò che accade giorno per giorno, portandoci a considerare ormai “normali” anche episodi e linguaggi che forse trent’anni fa non avremmo considerato tali. Una postura che per quanto non necessariamente consensuale, è diventata in definitiva una sorta di “comfort zone” dalla quale non siamo granché motivati ad evadere. Sull’Irish Time, quest’estate l’editorialista Fintan O’Toole aveva parlato di “test-marketing” per “indebolire passo passo i confini morali, ed attirare le persone all’accettazione di atti in contrasto con le proprie idee di democrazia e civiltà con le quali si sono formate”. Abituare dunque, più o meno volontariamente, l’opinione pubblica a parole e pratiche crudeli o fasciste, pur facendole passare diversamente. Nella Germania nazista il linguaggio antisemita e razzista del governo era parte integrante della quotidianità, i lager erano confinati per lo più alle periferie dell’impero, il pensiero che si trattassero in definitiva di “campi di lavoro” poteva fungere da tranquillante per dormire sonni tranquilli. In fondo bastava non essere ebrei, rom, comunisti, omosessuali e via dicendo ed era possibile continuare ad andare in villeggiatura d’estate e ad annaffiare il prato fiorito davanti casa. Se questa opportunità fosse venuta meno, probabile che ci sarebbe stata un’indignazione maggiore.
Non c’è nessuna Shoah in corso, ma se qualcosa di anche lontanamente simile dovesse ripetersi, saremmo realmente in grado di prevederla e soprattutto di fermarla?
Francesco Moises Bassano