Infortuni giornalistici
Il New York Times, in un suo articolo del 16 maggio 2018, dal titolo “What Is the Gaza Fence and Why Has It Set Off Protests Against Israel?” I cui autori sono Megan Specia e Rick Gladstone, asserisce che “The Israelis have accused Hamas, which Israel, the United States and several other countries consider a terrorist organization, of exploiting the “March of Return” to physically attack Israel”.
Sennonché, è falso che siano “several other countries” (molti altri Paesi) a considerare Hamas un’entità terroristica, ma è l’Unione Europea a farlo, da ultimo tramite un regolamento che ribadisce ed aggiorna i precedenti, il Regolamento di esecuzione (UE) 2018/1071 del Consiglio del 30 luglio 2018 che attua l’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 2580/2001, relativo a misure restrittive specifiche, contro determinate persone ed entità, destinate a combattere il terrorismo, e che abroga il regolamento di esecuzione (UE) 2018/468, laddove annovera: “II. Gruppi ed entità: 1. «Organizzazione Abu Nidal» — «ANO» (alias «Consiglio rivoluzionario Fatah», alias «Brigate rivoluzionarie arabe», alias «Settembre nero», alias «Organizzazione rivoluzionaria dei musulmani socialisti»). 2. «Brigata dei martiri di Al-Aqsa». 3. «Al-Aqsa e.V». 4. «Babbar Khalsa». 5. «Partito comunista delle Filippine», incluso «Nuovo esercito popolare» («New People’s Army») — «NPA», Filippine. 6. «Gamàa al-Islamiyya» (alias «Al-Gamàa al-Islamiyya») («Islamic Group» — «IG»). 7. «İslami Büyük Doğu Akıncılar Cephesi» — «IBDA-C» («Fronte islamico dei combattenti del grande oriente»). 8. «Hamas», incluso «Hamas-Izz al-Din al-Qassem» (…)”.
Al tempo dell’articolo in questione, bastava vedere il Regolamento di esecuzione (UE) 2017/150 del Consiglio del 27 gennaio 2017 che attua l’articolo 2, paragrafo 3, del Regolamento (CE) n. 2580/2001 relativo a misure restrittive specifiche, contro determinate persone ed entità, destinate a combattere il terrorismo, e che abroga il regolamento di esecuzione (UE) 2016/1127), che (anche) include Hamas.
Nell’invito ad abbonarsi al NYT si legge: “Support independent journalism. Subscribe to the New York Times”. Con grande prudenza, si sono ben guardati dallo scrivere: “Support serious journalism”. Da questo punto di vista, nulla da eccepire, rimane però il dubbio se questi infortuni siano ammissibili e perché accadano; anche il termine ‘infortuni’ sarebbe da approfondire. Questa volta siamo stati in grado di sceverare il vero dal falso, ma non possiamo certamente chiuderci in biblioteca per verificare gli articoli del NYT che, a rigore, non dovrebbero essere controllati dal lettore ma dal giornale stesso. Si può pagare per un abbonamento ad un giornale, forse il primo al mondo, se poi devi, in qualche modo, finire per assumerti delle indebite corvées?
Emanuele Calò, giurista