Alle origini del Sabbatianismo
Studiosi di alto livello a confronto a Roma, nelle sedi di Unione delle Comunità ebraiche Italiane e Università La Sapienza, per un convegno internazionale sul Sabbatianismo in Italia, organizzato dall’Università del Maryland, da Johns Hopkins University di Baltimora e da un gruppo di ricerca sull’antisemitismo finanziato dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca.
“Sabbateanism in Italy and its Mediterranean Context”, il titolo della prestigiosa conferenza. Durante la stessa (qui il programma) saranno discussi e presentati i risultati di una serie di ricerche innovative sulla storia degli ebrei in Italia.
Come si ricorderà nel corso del convegno, il movimento sabbatiano nasce nella primavera del 1665 quando il cabalista ebreo Sabbatai Zevi di Smirne (l’odierna İzmir in Turchia) proclamò di essere l’atteso messia degli ebrei. In poche settimane si raccolse attorno a lui un impetuoso movimento di fedeli di cui si parlò in tutto il Medio Oriente e in Europa. Nel febbraio 1666 Sabbatai si recò a Istanbul dove venne arrestato e condannato a morte. Gli venne però offerta la salvezza nel caso si fosse convertito all’Islam. Clamorosamente Sabbatai accettò di farsi musulmano. I suoi fedeli si divisero tra quanti credevano che la sua conversione all’Islam fosse una calunnia, quelli che ritenevano che la sua apostasia fosse parte di un dramma apocalittico che al momento solo lui poteva comprendere ma che in seguito sarebbe stato rivelato a tutti e quanti invece pensavano che a convertirsi fosse stata la sua ombra e che lui fosse invece asceso in cielo. Nel 1672, a causa della sua ambiguità religiosa, Sabbatai venne esiliato in Montenegro dove morì il 17 settembre 1676. Quanti ancora credevano in lui, pur facendosi passare per musulmani, vennero chiamati i dönmeh (in turco “convertiti”) e continuarono a vivere in semi-clandestinità sino almeno ai primi anni del ‘900.
L’Italia ebraica, spiega la professoressa Serena Di Nepi, svolse un ruolo di primo piano nella diffusione del movimento sabbatiano, che finora è stato trascurato dagli storici nonostante la proliferazione dei circoli sabbatiani e nonostante lo stesso Gershom Sholem avesse dedicato alla questione italiana pagine molto importanti nel suo classico lavoro su Zevi (Sabbetay Sevi: il messia mistico 1626-1676, Torino: Einaudi, 2001). Il convegno romano rappresenta così la prima iniziativa dedicata all’impatto del sabbatianesimo sull’Italia e al peso specifico delle comunità ebraiche italiane nella complessa evoluzione del fenomeno. Al centro dei lavori sarà la ridefinizione dell’Italia di età moderna da una prospettiva ebraica: terra di transizione, spazio privilegiato di discussione rabbinica e di costruzione di nuove forme di sociabilità (le confraternite e le accademie ebraiche, ad esempio) ma anche tassello essenziale delle reti della diaspore sefardite.
Gli studi più recenti vanno, infatti, ridefinendo le categorie tradizionali che consideravano gli ebrei italiani come soggetti passivi, chiusi nei ghetti e dunque isolati dai grandi fatti della storia italiana e anche da quelli della storia ebraica. Come il caso del sabbatianesimo che verrà presentato a Roma chiaramente dimostra, i ghetti segnarono una trasformazione profonda e costruirono modelli di interazione “attraverso le mura” che coinvolsero, in forme sempre variabili, tanto la maggioranza cristiana quanto la collettività ebraica sul piano nazionale e internazionale.
(17 gennaio 2019)