Mediterraneo, nuova strage
“Meglio morti che in Libia”, è la frase che i tre sopravvissuti del naufragio al largo di Tripoli ripetono appena giunti a Lampedusa, scrive oggi il Corriere della Sera descrivendo l’ennesima strage di migranti nel Mediterraneo: un gommone con 120 persone è affondato a poca distanza delle coste libiche. Solo in 3 sono sopravvissuti, grazie all’intervento di un elicottero militare italiano. E in Italia la politica si divide. “Salvare vite umane è quello che fa una società sana. Se non ci riusciamo è un terribile fallimento per tutti noi”, afferma il presidente della Camera, Roberto Fico. Per il vicepremier Luigi Di Maio è colpa del colonialismo europeo: “Finché non lasceremo l’Africa libera, gli africani partiranno sempre”. Per l’altro vicepremier, Matteo Salvini, la strage è colpa delle Ong, “se riapri i porti ritornano i morti”.
Appuntamenti con la Memoria. Al Meis di Ferrara prosegue la mostra Il giardino che non c’è dell’artista israeliano Dani Caravan, di cui parla oggi Corriere Lettura. Il Messaggero Roma ricorda gli appuntamenti legati al 27 gennaio nella capitale e dintorni, tra cui la mostra “Arte in memoria 10″, a cura di Adachiara Zevi (da oggi al 14 aprile nella Sinagoga di Ostia Antica) e l’esposizione “Solo il dovere, oltre il dovere. La diplomazia italiana di fronte alla persecuzione degli ebrei 1938/1943”, alla Casina dei Vallati-Fondazione Museo della Shoah (sarà inaugurata il 27). Repubblica Genova fa un quadro degli appuntamenti a Genova, ricordando che domani, all’Auditorium San Francesco, si comincerà con la conversazione tra Gad Lerner e Roberto Pettinaroli, responsabile dell’edizione Levante del Secolo XIX.
Segnalibro. Natasha Solomons, autrice del libro I Goldbaum (in uscita in Italia per Neri Pozza il 27 gennaio), racconta come al Corriere Lettura come il suo romanzo sia ispirato alla storia dei Rothschild. Per Rizzoli è in uscita Il viaggiatore di Ulrich Alexander Boschwitz, romanzo scritto 80 anni fa e incentrato sulla vicenda di una vittima dell’antisemitismo ai tempi di Hitler, “ma che in realtà narra di noi”, scrive oggi L’Espresso, che dal 22 gennaio, assieme a Repubblica, porta in edicola il documentario di Alberto Angela “Viaggio senza ritorno”, dedicato alla Shoah italiana. E riguardo alla persecuzione, Repubblica Robinson consiglia alcuni libri dedicati al tema, tra cui Il libro della memoria. Gli ebrei deportati dall’Italia (Mursia) di Liliana Picciotto e Gli ebrei nell’Italia fascista (Einaudi) di Michele Sarfatti.
Danzica, orfana di Adamowicz. Una città aperta a tutti, così su L’Espresso Wlodek Goldkorn racconta la Danzica costruita da Pawel Adamowicz, il sindaco assassinato il 13 gennaio scorso. Di Adamowicz, Goldkorn, ricorda come “Cresciuto in un ambiente politico conservatore, ha cambiato molte delle sue idee e così negli ultimi anni era in prima fila nelle manifestazioni per la parità dei diritti dei gay e delle lesbiche. Diceva che democrazia significa partecipazione. E per questo appoggiava attivamente, con soldi donati da privato cittadino e con spazi concessi da sindaco, le iniziative delle organizzazioni non governative”.
Dialogo su Ester. La Meghillah di Ester al centro del XXX Giornata per l’approfondimento e lo sviluppo del dialogo tra cattolici ed ebrei, che a Roma ha visto confrontarsi il rabbino capo della città rav Riccardo Di Segni e Nuria Calduch—Benages, docente di Antico Testamento alla Pontificia Università Gregoriana (Avvenire). Rav Di Segni ha spiegato come nella Meghillat Ester non compaia “mai esplicitamente un nome divino, solo una volta con una tenue allusione, e ciò rappresenta l’apparente invisibilità e assenza di Dio nella storia, in contrasto con la prepotente presenza del potere umano”.
Antisemitismo. Il quotidiano cattolico Avvenire torna ad analizzare i dati del sondaggio commissionato dall’emittente Cnn alla società Comres, fine ottobre 2018, sull’antisemitismo oggi in Austria, Francia, Germania, Inghilterra, Polonia, Ungheria e Svezia, da cui risultava l’inquietante dato che un europeo su quattro percepisce troppa influenza ebraica nei differenti teatri di guerra o di conflitti a livello globale. “Questi dati aprono una riflessione attorno ad uno strano paradosso che sta estendendosi in molti Paesi europei:- scrive Avvenire – e cioè da una certa decina d’anni in qua, specialmente nel centro Europa, tra Polonia, Ucraina e Ungheria (ma la questione va ben oltre, territorialmente parlando) cresce un’ostilità antisemita negli stessi circoli politici e aree di opinione pubblica dove si esprime un filo-israelismo che sa di paradossalità dati i soggetti che lo esprimono”. Dall’altro lato, scrive Avvenire, molta sinistra europea si ostina ad avere pregiudizi nei confronti d’Israele. Il quotidiano cattolico pubblica inoltre la conclusione del saggio di Bruno Karsenti, L’ebreo emancipato. Attualità dell’antisemitismo in Europa appena tradotto da Edb.
Gerusalemme e la funivia. Su L’Espresso si parla delle polemiche legate al progetto di costruire una funivia a Gerusalemme che dovrebbe unire la parte occidentale ai quartieri orientali sul Monte degli Ulivi, e poi alla Porta dell’Immondizia, ingresso alla città vecchia più vicino al Kotel.
Ritratti. Nella Sala dei Nomi dello Yad Vashem “scrissi le identità dei miei cari. Le date della loro nascita e della loro morte. In quel cimitero di carta diedi sepoltura alla mia famiglia. Quel gesto ha reso meno insopportabile il peso della memoria”. È il racconto della psicoterapeuta Carla Cohn a Robinson, che ne propone oggi un’intervista-ritratto. Nata a Berlino nel 1927 in una famiglia della borghesia ebraica, nel 1941 fu internata nel campo di Terezin e nel 1943 ad Auschwitz. È l’unica sopravvissuta della famiglia. Ha poi vissuto in Italia, in Israele e negli Stati Uniti. Negli Usa vive tutt’ora Aby Rosen, immobiliarista americano-tedesco intervistato oggi su La Stampa: “nacqui a Francoforte nel maggio del 1960, ebreo in un momento in cui solo l’1% della popolazione lo era. – racconta Rosen – Mio padre era polacco ed era stato rinchiuso ad Auschwitz fino all’aprile 1945. Mia madre, nata a Bruxelles nel 1935, venne affidata da mio nonno a una famiglia di contadini non ebrei, con cui ha vissuto fino al 1945. Divenne una pittrice, un’arte che le permetteva di esprimere la sua collera”.
Daniel Reichel twitter @dreichelmoked