Liliana Segre: “Vi parlo da nonna
conservate le mie parole”

Un lungo applauso accoglie la senatrice a vita Liliana Segre al momento del suo arrivo sul palco del Teatro alla Scala di Milano. Nella sua voce, l’emozione di essere “dall’altra parte nella mia amatissima Scala, non tra il pubblico ma sul palco”. La scena oggi è sua: centinaia di persone, tra cui tantissimi giovani, ascoltano in totale silenzio la sua Testimonianza, per poi tributarle di nuovo un lungo, lunghissimo applauso. Tutta la sala in piedi, toccata dalle sue parole: “la vostra nonna ideale”, come ama definirsi. “Ascoltatela bene perché Liliana ci ricorda che la libertà non è uno stato di natura”, ricorda in apertura il direttore de La 7 Enrico Mentana, al fianco della senatrice sul palco. Prima della testimonianza, il saluto della vicesindaco Anna Scavuzzo e del presidente dell’Anpi provinciale di Milano Roberto Cenati. Proprio l’Anpi Milano (e la sua sezione alla Scala) assieme all’associazione Figli della Shoah, presentata dalla vicepresidente Daniela Dana Tedeschi, hanno promosso e organizzato l’incontro.
“Vi parlo come una nonna, – ha detto Segre – sono qui per raccontarvi come un giorno sono stata espulsa dalla scuola quando avevo 8 anni per la sola colpa di essere nata. Per la colpa di essere ebrea”. “Ho sempre in testa l’immagine del re Vittorio Emanuele III mentre firma le leggi razziali, quel filo d’inchiostro che si ingrossa fino a diventare una rotaia, che porta verso ignota destinazione”, la sintesi più chiara di come le Leggi razziste del 1938 furono il primo segno indelebile della Shoah in Italia. Alzando più volte la voce, Liliana Segre ricorda ai presenti che solo in pochi scelsero di contestare quelle leggi ed il fascismo. Gli altri, per comodo, per pavidità o per indifferenza, scelsero il silenzio. E poi ricorda i passatori, che sfruttavano le disgrazie di ebrei e antifascisti, per fare soldi su chi cercava rifugio in Svizzera. “Io li paragono agli scafisti di oggi, mercanti di morte che guadagnavano sulla pelle altrui. Li ho visti questi personaggi che poi si sono costruiti le loro villette nel varesotto. So chi sono”. Con forza e dolore ricorda la durezza della guardia svizzera che rifiutò a lei e al padre la salvezza. “Anch’io sono stata una clandestina nella terra di nessuno, io lo so cosa vuol dire quando nessuno ti vuole, essere respinti quando le frontiere sono chiuse. Quando si ergono muri. Io lo so cosa vuol dire quando si nega l’asilo. Io sono una che le ha provate queste cose. Ma come faccio a gridarlo a chi erge muri!”.