Roma – Levi e il dovere della testimonianza
Primo Levi testimone, in una prospettiva di Memoria “anti-idolatrica”. A parlarne ieri, nella sede della Casa della Memoria e della Storia, è stata Raffaella Di Castro. Una iniziativa promossa dal Circolo Gianni Bosio in occasione del Giorno della Memoria e del centenario di Levi, con letture di Emanuele Carucci Viterbi, improvvisazioni musicali di Roberto Bellatalla e con il coordinamento di Maria Fausta Adriani.
“Cercherò di rintracciare nell’opera di scrittura e testimonianza di Levi una sorta di ‘gesto’. Sottolineo questa parola per l’importanza che il lavoro manuale ha per Levi: saper lavorare con le mani è infatti per lui condizione di dignità. Ma il suo stesso pensare, scrivere e testimoniare – ha esordito Di Castro – sono gestuali, artigianali, concreti, risentono fortemente dell’esperienza del laboratorio del Levi chimico”.
“Anche il testimoniare, come la chimica – ha proseguito – richiede infatti la disponibilità a confrontarsi direttamente con la materia, a toccarla con le mani, anche quando è disgustosa (come nel racconto ‘azoto’ del Sistema periodico, in cui il giovane Levi deve produrre cosmetici dallo sterco). Come il lavoro del chimico e dell’artigiano, il testimoniare richiede il rigore morale di non truccare i dati, una grande precisione, la capacità di distinguere persino il quasi-uguale, ma anche la creatività nell’accostare e far reagire tra loro elementi diversi (ad es. passato e presente), la capacità di immaginare oltre la propria specifica esperienza, senza assolutizzare il proprio vissuto e il proprio punto di vista. Richiede infine la pazienza del collaudo (del confronto) e la pazienza di continuare l’esperimento anche quando fallisce (anche quando non si è ascoltati o non si è capiti)”.
“Le mani – ha poi detto Di Castro – sono molto importanti per Levi, immagine ricorrente nelle sue opere, in particolare nella Chiave a stella, in cui l’operaio Faussone è descritto più attraverso le mani che attraverso il volto. In questo stesso libro il personaggio Levi in dialogo con Faussone, dice che i suoi due mestieri di chimico e di scrittore (e aggiungerei di testimone) assomigliano a quello dell’operaio perché tutti e tre ‘insegnano a essere interi, a pensare con le mani e con tutto il corpo’. Pensare con le mani: basta leggere da qualsiasi parte la sua opera, ascoltare qualsiasi sua intervista e testimonianza per capirlo. Ma lo racconta molto bene anche la fotografia che abbiamo scelto per la locandina”.
(22 gennaio 2019)