Ricordarsi di ricordare
Ogni cosa ha un suo perché, benché a volte sia difficile formularlo. Quindi, anche il Giorno della Memoria ha le sue ragioni d’essere, malgrado la stanchezza o il rischio di un qualche ritualismo che certuni, a volte non a torto, denunciano. Senza stare a girarci attorno è allora un buon esercizio trovare dieci motivi, tra di loro anche molto diversi, per continuare a lavorare il resto dell’anno affinché questa ricorrenza sia condivisa nella sua autenticità. Un piccolo decalogo può pertanto tornare utile:
• la memoria non è un dovere bensì un diritto. Come tale, non è mai concessa (altrimenti diventa un favore fatto da chi ha il potere per esercitarlo) ma va sempre conquistata. Anche per questo la memoria ha molto a che fare con la conoscenza, oltre che con l’esperienza. La memoria, infatti, traduce i conflitti interiori così come con la società circostante per affermare il diritto ad essere riconosciuti nella propria individualità, in una rivendicazione di conoscenza condivisa. È quindi un atto di socializzazione e di unione;
• le nostre società rimangono coese e solidali quando, oltre ad alimentarsi di memoria dell’esperienza vissuta, ovvero quella che offre il testimone diretto, sanno elaborare una memoria differita, traslata, che va oltre l’evento in sé, proiettando la cognizione del passato verso il presente e la costruzione del futuro;
• la memoria civile, che in realtà è un insieme di memorie individuali tra di loro in permanente colloquio, se rielaborata con gli strumenti della cognizione storica e della consapevolezza civile, è uno dei tessuti connettivi che garantiscono il pluralismo democratico (provare per crederci);
• la memoria, per essere efficace, implica l’ascolto, ossia qualcuno che si ponga in condizione di raccogliere e cercare di comprendere quanto viene detto dal testimone. La posizione dell’ascoltatore attivo è parte integrante della costruzione della consapevolezza civile. Un consesso di vocianti è, nella migliore delle ipotesi, solo un concerto cacofonico, dove tutti alzano la voce per dare aria e fiato al vuoto;
• testimoniare, ascoltare, condividere, comunicare sono facoltà e azioni che creano una comunità etica, un insieme di individui che, ponendosi sullo stesso piano e non rivendicando nessuna primazia sugli altri, si sentono accomunati tra di loro non malgrado le loro differenze personali bensì proprio grazie ad esse;
• la memoria è uno dei pochi antidoti contro le tentazioni totalitarie che gli identitarismi di ogni genere, colore e risma, in qualsiasi epoca, predicano come l’unico orizzonte per l’essere umano. Poiché essa introduce il senso della discontinuità nella vita di ognuno di noi, dell’imprevedibile ma anche e soprattutto dell’esistenza offesa che cerca di difendersi, di ripararsi e di riprendere il suo cammino, rielaborando il senso del lutto e della perdita senza annullarsi in essi, come invece vorrebbero i carnefici. Alla disperazione dell’inconsolabilità, all’impossibilità di essere adeguatamente risarciti per le offese subite possiamo contrapporre solo un rimedio, quello della comprensione attiva, che parte dall’ascolto;
• la memoria può presentare molti limiti ma ha una grandezza assoluta laddove essa dà carne e spirito, quindi significato concreto, alla trasmissione tra le generazioni. È un atto di continuità non solo tra persone diverse ma tra storie distinte, contribuendo a generare continuità e, con essa, profondità storica tra epoche e soggetti differenziati;
• l’unico modo per combattere efficacemente i fondamentalismi, anche quelli che si celano sotto la suadente maschera della ribellione ai poteri ingiusti (salvo poi cristallizzarsi in forme ancora più dispotiche di dominio), è ribadire il diritto alla dissidenza: la memoria, da questo punto di vista, è sempre un atto di alterità dissidente, implacabile per la sua capacità di rigenerarsi anche quando l’ultimo testimone di un fatto viene a mancare. La memoria è infatti un’eco continua;
• non esistono memorie pacificate: per sua intima essenza, la memoria non riappacifica, non essendo questo la sua reale funzione. Semmai, deve ingenerare un senso di fertile inquietudine poiché ci racconta come la vita vada sempre difesa, implicando una vigilanza continua rispetto alle infinite tentazioni di negare la pluralità delle esistenze;
• la memoria, oggi tanto più, nel suo fluire continuo, nella sua dimensione umana, è antidoto anche contro i bullismi di Stato, l’arroganza eletta a sistema, l’ignoranza rivendicata come virtù, la brutalizzazione dei rapporti sociali, la deumanizzazione dello sguardo umano, quest’ultima tale poiché incapace di cogliere riflessa nello sguardo altrui l’umanità che dovrebbe invece abitare in quello proprio.
Non si tratta di filosofeggiare (magari!) su una istanza dello spirito ma di continuare a domandarci chi siamo, partendo da ciò che ci fecero essere o divenire. Per l’appunto, ricordati se non vuoi che un giorno tu non sia ricordato.
Claudio Vercelli
(27 gennaio 2019)