Israele, Legge e identità ebraica un dibattito ancora aperto
Recentemente in Israele si è tornati a parlare della Legge fondamentale sullo Stato-nazione approvata dalla Knesset la scorsa estate perché uno dei candidati alle elezioni del 9 aprile, l’ex generale Benny Gantz, ha promesso alla comunità drusa che si sarebbe impegnato a modificarla. La discussa norma, che ha generato un dibattito interno ed internazionale, rimane quindi di attualità e per capirne meglio i risvolti, a Milano se ne è discusso con un panel di autorevoli esperti. Comunità ebraica e Bené Berith hanno infatti organizzato un incontro che ha visto protagonisti il demografo Sergio Della Pergola, il giurista Giorgio Sacerdoti e il ricercatore Davide Assael (che ha curato il numero di Limes di settembre dedicato proprio al tema della Legge sulla nazione ebraica), moderati dall’avvocato Daniel Hazan. Tanti gli spunti di riflessione emersi durate la serata con analisi politiche, giuridiche e filosofiche legate all’effetto della nuova norma su Israele e sulla diaspora (clicca qui per leggere il dibattito su questo portale). Critica l’analisi espressa da Della Pergola (tra i protagonisti del numero citato di Limes) della norma. “Esiste la dichiarazione d’Indipendenza dello Stato d’Israele del 1948, un testo complesso in ci sono già tutti gli elementi presenti nella nuova Legge fondamentale ma in cui in più c’è il riferimento all’uguaglianza di tutti i cittadini”, ha sottolineato Della Pergola, ricordando come l’identità ebraica d’Israele sia già espressa nella Dichiarazione d’indipendenza ed era riconosciuta implicitamente anche nella famosa risoluzione approvata dall’Onu nel 1947 sulla partizione della Palestina mandataria che parlava della creazione di uno Stato arabo e di uno Stato ebraico. Per Della Pergola dalla nuova Legge fondamentale votata con una maggioranza risicatissima dalla coalizione guidata dal Premier Benjamin Netanyahu quello che salta agli occhi sono le omissioni. La mancanza di un riferimento all’uguaglianza e alla parità di diritti di tutti i cittadini ha fatto emergere, sottolineava Della Pergola, un senso di esclusione da parte delle minoranze non ebraiche d’Israele, che si sono fatte sentire con proteste pubbliche. In particolare, e lo ha ricordato anche Assael, a protestare sono stati i drusi, che partecipano attivamente nella difesa dello Stato ma non si sono sentiti tutelati dalla Legge. “Se fossi stato il Premier avrei eretto la Dichiarazione d’Indipendenza a Legge Fondamentale dello Stato e poi avrei guardato in faccia chi avrebbe avuto il coraggio di non votarla”, la proposta di Della Pergola, che considera invece la norma votata in agosto un provvedimento approvato per calcolo politico e non per segnare in modo significativo la struttura giuridica del paese. “Il risultato pratico – la sua analisi – è che non cambia nulla”. Una valutazione positiva invece, almeno su un settore specifico della norma ovvero rispetto al legame con la diaspora, è stato espresso da Sacerdoti. “Si tratta di un riconoscimento innovativo – ha spiegato il giurista, docente della Bocconi di Milano – che impegna lo Stato d’Israele in prima persona alla salvaguardia degli ebrei nella Diaspora e del loro ebraismo, passando sopra, si può dire, a collegamenti più particolari, come adesione al sionismo, o a requisiti religiosi, fonte inevitabile di lacerazioni e polemiche viste le posizioni di chiusura del rabbinato ortodosso d’Israele che trovano nella Diaspora, soprattutto quella americana, forti critiche e opposizioni”. Israele si impegna dunque a tutelare tutti gli ebrei della Diaspora e questo avrà effetti significativi per le comunità sparse per il mondo, con un’inversione rispetto a un passato in cui erano le Comunità a sostenere lo Stato ebraico.
Tornando sul tema politico, Assael ha espresso una critica simile a quella di Della Pergola, su quella che manca e non su quello che c’è, di cui molto è condivisibile. Per Assael però la citata assenza del principio di uguaglianza – “seppur sia richiamato in altre Leggi fondamentali” – è un segnale sbagliato alla collettività, un segnale divisivo a cui si aggiunge la scelta di derubricare l’arabo da lingua ufficiale, seppur rimanga comunque lingua a statuto speciale.
Durante la serata è emersa dall’altro lato il doppiopesismo dei media e di alcuni paesi europei rispetto al loro intervento in questo dibattito: sono stati fatti diversi attacchi pretestuosi alla norma e al principio dell’identità ebraica d’Israele quando, come ha detto Della Pergola, “nessuno si è mai sognato di criticare l’Irlanda per la sua Costituzione” (che si apre così: “Nel Nome della Santissima Trinità, dalla Quale origina ogni autorità e alla Quale si devono ispirare, quale nostro fine ultimo, tutti gli atti sia degli uomini che degli Stati, Noi, il popolo dell’Eire. Riconoscendo con umiltà tutti i nostri doveri nei confronti del nostro Divino Signore, Gesù Cristo, Che ha sorretto i nostri padri nel corso dei secoli”). “L’auspicio è che finalmente si consideri Israele come un paese normale e non se ne parli con filtri deformati”, ha sottolineato Della Pergola, al termine di un confronto molto partecipato, svoltosi in un clima disteso.