ECONOMIA I paesi dove è più facile fare gli imprenditori

Schermata 2019-01-31 alle 11.23.15Nelle scorse settimane la Banca Mondiale ha pubblicato l’aggiornamento annuale dell’importante classifica “Ease of doing business” (a cui fa riferimento la tabella qui riprodotta), ossia la graduatoria di 130 paesi a seconda della facilità con cui si può svolgere attività imprenditoriale. Fra le sorprese, il fatto che Israele ha scalato cinque posizioni ma si colloca solo al 49-mo posto e, in secondo luogo, il fatto che l’Italia si colloca appena due posizioni più in basso, al 51-mo posto. Come si spiegano questi risultati, in parte inattesi e in contrasto con il luogo comune secondo cui l’economia israeliana è molto più dinamica di quella italiana? La graduatoria si basa su dieci parametri, che secondo la Banca mondiale misurano l’accoglienza di un paese nei confronti delle imprese: tra questi il livello delle tasse, la rapidità con cui si effettuano i passaggi di proprietà immobiliare, i tempi occorrenti per un allaccio elettrico e così via. Ebbene Israele lo scorso anno aveva tra i suoi punti deboli proprio i tempi delle trascrizioni immobiliari, ma per questo indicatore quest’anno è salita dal 130-mo all’89-mo posto grazie all’avvio del catasto (Tabu) telematico e la possibilità di effettuare le trascrizioni via Internet. Israele è in bassa classifica anche sul fronte del livello di imposizione (elevato) e per la facilità con cui si può esigere il rispetto dei contratti (90-mo posto per entrambi). Un indicatore che ha registrato un netto miglioramento è quello dei tempi per i permessi di costruzione, per il quale Israele è salita dal 65-mo al 41-mo posto. L’altra sorpresa è rappresentata dalla quasi identica posizione in classifica dell’Italia: questa si spiega con i punteggi elevati conseguiti dall’Italia per quanto riguarda i tempi di attesa per un allaccio elettrico (37mo posto), per la rapidità dei passaggi di proprietà immobiliare (23-mo) e, sebbene appaia poco intuitivo, la rapidità delle procedure concorsuali (fallimenti e bancarotte, 22-mo posto). Anche in Italia come in Israele le imprese sono penalizzate da una imposizione molto elevata. Come si conciliano questi numeri con la percezione che l’economia israeliana è molto più dinamica di quella italiana? Una possibile spiegazione è che in Israele gli indicatori “peggiori” sono quelli (trascrizioni immobiliari, tasse e allacci elettrici) che hanno minore impatto sui due settori di punta dell’economia, che sono l’high tech e l’industria militare. Un’altra spiegazione è che dietro a un “ambiente favorevole” all’attività delle imprese ci sono fattori non misurabili da una classifica, come la “propensione a innovare” e il peso della burocrazia, che probabilmente fanno la differenza tra i due paesi.

Aviram Levy, Pagine Ebraiche, gennaio 2019