Controvento – Piante intelligenti

kasamLe piante sono intelligenti? Il tema era già dibattuto dagli antichi, con Aristotele che le catalogava poco al di sopra del mondo inorganico e Democrito che invece tributava loro capacità di sentire e di reagire e le paragonava ad esseri umani capovolti, le radici come capelli e i rami come arti, ben piantati sulla colonna vertebrale del fusto.. L’Aristotelismo, che ha dominato per secoli la nostra cultura e il nostro pensiero, ci ha impedito di considerare erbe, alberi e fiori come esseri intelligenti. Ma da Darwin in poi le cose sono cambiate. Il padre dell’evoluzionismo aveva grande ammirazione per le piante: “mi è sempre piaciuto esaltarle nell’ordine dei viventi” scriveva. Ed in effetti soffermandoci a considerarle con attenzione, scopriamo capacità sorprendenti. Le piante si sono adattate a condizioni di vita disparate secondo una strategia completamente differente da quella animale, fatta di stanzialità, di controllo del territorio, di finissimi meccanismi di percezione e risposta alle condizioni ambientali di ogni tipo, di dialoghi chimici e di processi decisionali decentralizzati. Hanno un corpo modulare e una intelligenza decentralizzata che funziona in rete : non è la strada su cui si sta avviando anche l’umanità? D’altronde non c’è nulla di stupefacente. Le piante esistono da 3miliardi e mezzo di anni, noi, parvenus della vita, solo da 700.000. E se, come sostiene Darwin, ogni specie è all’apice del proprio processo evolutivo, il mondo vegetale ha avuto ben più tempo per perfezionarsi..
L’intelligenza delle piante viene perciò oggi non solo studiata a livello teorico, ma anche per le applicazioni pratiche che se ne possono trarre. Di questo è specialista Renato Bruni, professore all’Università di Parma e autore di molti godibilissimi libri tra cui e autore del libro “Erba volant, imparare l’evoluzione dalle piante”, si occupa di biomimetica o design ispirato alla biologia vegetale con il gruppo di ricerca LS9-Bioactives & Health, di cui è co-fondatore e che si dedica allo studio dei legami tra botanica applicata, sostanze naturali, alimenti, salute e nutrizione. “Cerchiamo idee spendibili per startup, aziende, inventori, ricerca, fornendo spunti per nuove tecnologie, per chi vuole innovare ispirandosi alla natura” spiega.
Le piante fanno molte cose meglio di noi, come recuperare, conservare e purificare acqua, creare economie circolari, convincere gli animali a fare certe cose anziché altre, dare nuovo uso agli scarti, sostenere pesi enormi con minimo dispendio di materiali, non sporcarsi con la polvere, galleggiare, sopravvivere da disidratati, incollarsi a sostegni, conservarsi senza marcire. In più, le soluzioni dei vegetali sono più sostenibili delle nostre, si integrano meglio con gli standard di sostenibilità e di efficienza di cui ora abbiamo un bisogno quasi disperato.
Sono molti gli oggetti comuni, più o meno nobili, nati prendendo ispirazione da una ricetta vegetale. Il filo spinato è nato alla fine del 1800 imitando le spine di una pianta nordamericana, Maclura pomifera, che impedisce agli animali di pascolare nei suoi cespugli. Le versioni più evolute dei paracadute stabilizzati devono l’idea di partenza al pappo di Tragopogon pratensis, che è simile a quello del tarassaco: osservandone il volo un inglese ha intuito come evitare che i paracadute si capovolgessero in volo. Si dice che l’inventore del cemento armato, un vivaista francese stanco di vasi rotti, abbia registrato il suo primo brevetto guardando come era fatto un pezzo di fico d’india secco. Oggi però, grazie alle nuove tecnologie, possiamo osservare gli adattamenti delle piante su nanoscala o addirittura a livello molecolare. E apre a un mondo di nuove applicazioni, per esempio replicare il sistema adesivo dell’edera per incollare tessuti viventi. Le piante e la natura in genere non sprecano mai energie, usano una sola soluzione per affrontare più problemi ed evitano come la peste le soluzioni definitive. Una grande lezione di sostenibilità e di eleganza. Che negli ultimi anni è diventata oggetto di studio anche da parte della robotica.
Nell’incontro che ho organizzato e modero questa sera al Piccolo Eliseo, per la serie “La scienza e noi”, quest’anno alla terza edizione (www.braincircleitalia.it), Renato Bruni si confronterà con Barbara Mazzolai, direttrice del Centro di micro-robotica del prestigioso Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) di Pontendera. Barbara Mazzolai, biologa con dottorato in ingegneria dei miscrosistemi, ha progettato il Plantoide, il primo robot ispirato al regno delle piante, in grado di crescere autonomamente, ed è riconosciuta come una delle 25 donne più influenti nel settore della robotica; per la sua attività ha ricevuto il premio “Marisa Bellisario” e la Medaglia del Senato. Aprirà al pubblico nuovi orizzonti sul futuro della robotica di ispirazione vegetale, per consolidare i terreni, monitorare l’ambiente, esplorare scenari impervi, ma anche sviluppare nanobot che, rifacendosi allo sviluppo dell’apparato radicale in funzione della ricerca di nutrienti nel terreno, siano in grado di andare a cercare nel corpo le cellule malate, distribuendo in modo estremamente mirato i farmaci.
Una finestra su un futuro affascinante che potrebbe cambiare la nostra percezione e i nostri rapporti con il mondo vegetale. Non per nulla in Svizzera c’è già una direttiva che sancisce i diritti delle piante.
“Dall’intelligenza delle piante il nostro futuro”, Piccolo Eliseo, Via Nazionale 183, Roma, lunedì 4 marzo ore 20. Ingresso gratuito.
L’incontro può essere seguito in diretta video, con la possibilità di intervenire e porre domande, sulla pagina Facebook BrainForum oppure nei giorni successivi sul sito www.brainforum.it

Viviana Kasam