Fine vita, il manifesto condiviso
Un punto di riferimento condiviso per definire i diritti e garantire, oltre alle cure, il rispetto della dignità e il supporto religioso e spirituale per chi si trova nella fase conclusiva della vita in strutture sanitarie. Presentato oggi a Roma, nel Salone del Commendatore del Complesso Monumentale del Santo Spirito, il “Manifesto interreligioso dei Diritti nei Percorsi di Fine Vita” risponde a questa esigenza.
Un risultato che è frutto del coinvolgimento di varie comunità religiose a livello nazionale, tra cui l’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, e che è stato sviluppato a partire dal gruppo promotore costituito da ASL Roma 1, GMC – Università Cattolica del Sacro Cuore e Tavolo Interreligioso di Roma.
“Il tema che si affronta oggi è particolarmente significativo. La disponibilità da parte del governo a collaborare è massima” ha assicurato la ministra Giulia Grillo, intervenuta dopo l’apposizione delle firme sul manifesto (per l’UCEI l’impegno è stato sottoscritto dalla Presidente Noemi Di Segni, accompagnata dal vicepresidente Giorgio Mortara e dal Consigliere Guido Coen).
Ad aprire la cerimonia gli interventi del direttore generale della ASL Roma 1 Angelo Tanese, del presidente GMC – Università Cattolica del Sacro Cuore Pier Francesco Meneghini e della presidente del Tavolo interreligioso di Roma Maria Angela Falà.
Nove i punti in cui è suddiviso il manifesto e che, ha sottolineato Falà, nascono all’insegna “dell’incontro, del rispetto reciproco, dell’attenzione alle parole”. La cerimonia odierna, ha poi aggiunto, non è un punto di arrivo, ma di partenza verso nuove attività che già nel pomeriggio prenderanno avvio con un tavolo di lavoro cui parteciperà tra gli altri il maskil Cesare Efrati.
“Quello che festeggiamo oggi – ha detto il Consigliere Coen – è un traguardo che perseguo da tempo. Da sempre porto infatti avanti progetti legati alla cultura della diversità, cercando di spiegare e informare sul particolare punto di vista ebraica”.
A condurre la cerimonia la giornalista Monica Mondo, mentre i nove punti del Manifesto sono stati letti dall’attore Sebastiano Somma.
Nel primo punto, dedicato al diritto di disporre del tempo residuo, si legge: “Ogni persona ha il diritto di conoscere ed essere reso consapevole del suo percorso di cura e del possibile esito, secondo i protocolli terapeutici più aggiornati, affinché possa gestire la propria vita in modo qualitativamente soddisfacente, anche in relazione alla propria spiritualità e fede religiosa”. Nel secondo: “Ogni persona ha il diritto di comunicare la propria fede religiosa alla struttura sanitaria affinché possa essere rispettata, in conformità alla normativa sulla privacy”. Nel terzo: “Ogni persona ha il diritto di usufruire di servizi rispettosi della sua sfera religiosa, spirituale e culturale, compatibilmente con le possibilità organizzative. A tal fine la struttura sanitaria deve promuovere adeguati percorsi informativi e formativi per gli operatori”. Nel quarto: “Ogni persona ha diritto di avere accanto il proprio Referente religioso o assistente spirituale cui sia garantito l’accesso, compatibilmente con l’organizzazione dei servizi sanitari”. Nel quinto: “Ogni persona ha il diritto nel percorso di fine vita di potersi avvalere di un mediatore interculturale o altra persona competente autorizzata, il cui intervento viene favorito dalla struttura sanitaria”. Nel sesto: “Ogni persona ha il diritto di chiedere, qualora l’Assistente spirituale della propria fede non fosse disponibile, l’assistenza da parte di un referente di altra fede”. Nel settimo: “Ogni persona ha il diritto di ricevere all’interno della struttura sanitaria il sostegno spirituale e il supporto relazionale per sé e per i propri familiari”. Nell’ottavo: “Ogni persona ha diritto al rispetto delle pratiche pre e post mortem previste dalla religione di appartenenza. La struttura sanitaria è tenuta a conoscere tali pratiche, a formare adeguatamente il proprio personale e a creare le condizioni perché queste pratiche possano essere realizzate, in conformità con la normativa vigente”. Nel nono: “Ogni diritto porta come conseguenza il dovere di ogni persona a rispettare il credo religioso di ciascuno, siano essi pazienti, loro familiari o personale di cura”.
A contribuire al progetto, oltre all’UCEI, anche Centro culturale islamico d’Italia, Conferenza episcopale italiana, Diocesi romena in Italia, Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI), Hospice Villa Speranza – Università cattolica del Sacro Cuore, Istituto buddista Soka Gakkai, Unione buddhista italiana, Unione induista italiana, Unione italiana chiese cristiane avventiste del settimo giorno, Vicariato di Roma, con il sostegno di Associazione volontari ospedalieri (AVO), Centro di servizio per il Volontariato (CSV Lazio), Cittadinanzattiva – Tribunale per i Diritti del Malato.
(5 febbraio 2019)