STORIA 1938, il registro della vergogna
Capristo Fabre / IL REGISTRO / Il Mulino
Direttori generali, professori, insegnanti, ingegneri e chimici, operai della Zecca, postini e maestre elementari. Uno studio rigoroso per raccontare con nuovi elementi la cacciata degli ebrei dallo Stato italiano, grazie allo studio dei protocolli della Corte dei Conti. Uno sguardo nuovo e approfondito per riflettere, attraverso il filtro della storia e della ricerca, sugli effetti delle Leggi razziste e sul significato del loro ricordo a poco più di 80 anni dalla promulgazione da parte del fascismo. L’elenco, spiegano gli autori de Il registro Annalisa Capristo e Giorgio Fabre, è stato ricostruito sulla base dei registri di protocollo e raccoglie tutti i decreti “di cessazione” e “di liquidazione” di tutti i dipendenti ebrei dello Stato italiano che percepivano uno stipendio e la cui eliminazione doveva essere registrata per legge dalla Corte. E insieme ad essa l’eventuale spesa che si sarebbe in conseguenza dovuta accollare lo Stato. I registri dei protocolli sono divisi per ministero di provenienza dell’atto, e dunque contengono i nomi di tutti i dipendenti ebrei, suddivisi ministero per ministero. “Si dispone così per la prima volta – riflettono gli autori – dell’intero quadro delle decisioni prese sui dipendenti ebrei statali dispensati dal servizio nel 1938. E si tratta senza dubbio di un quadro complessivamente grande, se non enorme”. La grande eliminazione, sottolineano, avvenne nei primi mesi del ’39 fin verso la metà-fine dell’anno. I ministeri mandavano i loro decreti, talvolta a blocchi, talvolta in forma singola, in base a come aveva reagito la loro amministrazione. “Tutta l’amministrazione aveva infatti distribuito le schede del censimento razzista e in base alle risposte si inviavano i decreti di espulsione, talvolta allegando la scheda. Altre volte, mandavano il decreto senza schede. E la Corte registrava. Dopo (oppure insieme al decreto di cessazione) i vari ministeri inviavano anche il vero e proprio decreto di liquidazione, con la cifra che spettava a ogni ebreo cacciato. In qualche caso, veniva stabilita una liquidazione provvisoria e quella definitiva arrivava dopo qualche tempo. E la Corte registrava anche questi ultimi decreti, talvolta insieme al decreto di cessazione, talvolta in un secondo tempo e talvolta addirittura a distanza di mesi e anni”. Novità principale della ricerca sta nel fatto che fornisce per la prima volta un elenco completo dei dipendenti stabili dello Stato cacciati dal lavoro in quanto “appartenenti alla razza ebraica”. Quel che viene presentato è un primo quadro completo e del tutto attendibile se non altro, si legge, “perché proveniente da una fonte indiscutibile come la Corte dei Conti”. In base ai dati raccolti da Capristo e Fabre, il numero dei dipendenti statali in pianta stabile dispensati dal servizio con le Leggi razziste fu di oltre 720 casi certificati. Un numero molto alto e che pure, avvisano, “rappresenta una sola parte, seppur cospicua, dell’insieme degli statali che persero il lavoro a causa della persecuzione”. A questi vanno infatti aggiunti i casi di coloro che si dimisero anzitempo, “o la cui situazione era oggetto di ricorsi, o che per vari motivi sfuggirono a queste registrazioni”. Il ministero dell’Educazione, come si racconta nel volume, fu quello di gran lunga più colpito dall’epurazione fascista. Ed è anche quello su cui si sa di più, grazie a ricerche generali e locali che si sono sviluppate negli ultimi 30 anni. Restavano però diversi vuoti da colmare. E Il registro ha il merito di svolgere anche questa fondamentale funzione. “Permette infatti di precisare, integrare e anche correggere, con i dati incontrovertibili tratti dalla documentazione della magistratura contabile della pubblica amministrazione, una miriade di vicende riguardanti professori di cui già si conosceva l’espulsione, e aspetti importanti ad essa collegati: come il percorso burocratico e le ricadute economiche effettive dell’espulsione dal lavoro sui docenti che erano dipendenti statali e che vennero perseguitati in quanto appartenenti alla ‘razza ebraica’. Ma fornisce anche moltissimi elementi documentari nuovi su categorie finora trascurate, come gli insegnanti di scuola elementare (in prevalenza maestre) e gli insegnanti degli istituti di istruzione tecnica e delle scuole di avviamento professionale, nonché sul personale tecnico e amministrativo”. Avvisano gli autori nell’introduzione: “L’elenco che segue, colmo di date e di numeri di decreti nonché di nomi, è un’immagine gelida di una grande tragedia normativa che ha colpito il paese”. Date e numeri su cui soffermarsi con attenzione, per far tesoro di questa grande vergogna collettiva.
Uno sguardo che si allarga
Annalisa Capristo è bibliotecaria presso il Centro Studi Americani di Roma. Sul tema della persecuzione antiebraica ha già pubblicato L’espulsione degli ebrei dalle accademie italiane, con Zamorani, oltre a diversi articoli e saggi. Giorgio Fabre è invece uno studioso di storia politica del Novecento e ha scritto libri e saggi dedicati alla persecuzione degli ebrei e all’antisemitismo fascista, da L’elenco (Zamorani), sull’eliminazione degli autori ebrei dall’editoria fascista, a Mussolini razzista uscito invece con Garzanti. Un lavoro congiunto, quello che presentiamo in questa pagina, che si avvale di un contributo di Michele Sarfatti (che firma la prefazione) e di un saggio di Adriano Prosperi. “Quella che leggiamo qui – osserva quest’ultimo – è una storia quasi del tutto sconosciuta”. Grazie a una attenta ricerca d’archivio gli autori ci mettono infatti “davanti a un quadro totalmente rinnovato, imponendoci l’obbligo di riconsiderare questa vicenda”. Pagina dopo pagina l’efficacia dei provvedimenti antiebraici si rivela con dimensioni e caratteri nuovi. E questo, secondo Prosperi, “sia sotto il profilo delle vittime sia sotto quello del potere”.
Adam Smulevich, Pagine Ebraiche, febbraio 2019