simbologia…

Dopo aver descritto le modalità di costruzione del Mishkan, il Tabernacolo, e degli oggetti destinati al servizio sacro, la Torà definisce le caratteristiche degli abiti e dei paramenti sacri dei sacerdoti. Il midrash interpreta il significato simbolico di ciascun degli indumenti del sacerdote come forma di espiazione di una diversa colpa; quegli abiti, che egli indossava esclusivamente nell’adempimento del servizio sacro, rappresentavano, in un certa misura, l’identità stessa del sacerdote, erano emblema e richiamo della funzione di espiazione e purificazione degli animi, cui egli era destinato nel contesto del luogo sacro ma, al tempo stesso, lo costituivano come esempio e riferimento di comportamento retto, di armonia e pace tra le persone e di adempimento dei comandamenti del Signore per tutto il popolo, anche al di fuori dell’ambito del santuario. In questo contesto di simbologia degli abiti sacerdotali, il midrash dedica uno speciale richiamo al significato del “meil”, il manto: “Per chi pronuncia maldicenza non c’è espiazione, tuttavia la Torah ha stabilito per lui una forma di espiazione; qual è l’espiazione della maldicenza? Sono i campanellini (appesi) al manto del sacerdote, come è detto nel testo della Torà “Campanelli d’oro alternati ad (ornamenti a forma di) melagrane…Aharon indosserà (il manto con questi campanellini) quando officerà il culto, cosicchè, con il suo movimento, si sentirà il suono (dei campanellini)” (Esodo28, 34-35). Dice il Signore: “Venga il suono (dei campanellini del sacerdote) e rechi espiazione per il suono della maldicenza” (Vaikrà Rabbà 10,6). Nella prima parte il midrash manifesta l’estrema gravità della maldicenza, della calunnia, anche delle chiacchiere lesive della altrui reputazione, colpe tanto gravi che in linea di principio non troverebbero forma di espiazione, sia perché il soggetto responsabile, per lo più, non si rende conto delle conseguenze delle sue parole, spesso ritenute alla stregua di semplici battute scherzose, sia perché non è mai dato sapere fino a che punto, con quale estensione di pubblico queste possano aver colpito. Nella seconda parte il midrash presenta il manto del sacerdote come esempio di possibile espiazione, non tanto per il male compiuto, che purtroppo forse non potrà essere riparato, quanto per suscitare un radicale cambiamento del soggetto: il manto del sacerdote, i suoi campanellini, sono il simbolo di un suono diverso, è l’annuncio che “si avvicina il sacerdote Aharon”, è la voce che porta benedizione, che insegna le parole della Torà, che ne dà l’esempio ed invita a metterle in pratica, è la voce del sacerdote Aharon di cui è detto che “amava la pace e si impegnava a riportare la pace tra le persone”. L’espiazione della calunnia è la lingua che impara a pronunciare parole di rispetto del prossimo, di saluto amichevole, di comprensione, di riappacificazione. Come quelle del sacerdote Aharon, di cui i Maestri ci raccomandano di farci discepoli, anche senza essere sacerdoti.

Giuseppe Momigliano, rabbino

(13 febbraio 2019)