La Polonia e i collaborazionisti, un passato di cui discutere
Una breve crisi diplomatica, ora ricomposta, si è creata tra Polonia e Israele sull’interpretazione di alcune parole del Primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. “Qui dico che (i) polacchi hanno collaborato con i nazisti. Conosco la storia e non la insabbio. Ne parlo”, ha detto Netanyahu, rilevando ai giornalisti israeliani di aver toccato il tema della controversa Legge sulle responsabilità polacche durante la Shoah in occasione del suo incontro con il primo ministro polacco Mateusz Morawiecki. Netanyahu ha aggiunto che “un numero non trascurabile” di polacchi ha collaborato con i nazisti: “Non conosco una persona che sia stata citata in giudizio per averlo detto”. Il Jerusalem Post, riportando le parole del Premier, aveva messo nel virgolettato “nazione polacca” invece che un più generico “polacchi” e questo ha scatenato la reazione di Varsavia. In un tweet Morawiecki ha scritto che “Quasi 80 anni fa la Polonia è stata vittima della brutale aggressione e dell’occupazione bestiale della Germania nazista. Durante la seconda guerra mondiale furono uccisi più di 6 milioni di polacchi, tra cui 3 milioni di ebrei e polacchi di origine ebraica”. Il presidente polacco Andrjez Duda polacco ha invece dichiarato che forse sarebbe stato meglio ripensare alla possibilità che Israele ospiti i paesi di Visegrad – Ungheria, Repubblica Ceca, Polonia e Slovacchia – il prossimo 18 e 19 febbraio per il loro vertice (che si terrà a Gerusalemme). Dopo qualche ora, tutto si è risolto. Il governo polacco ha dichiarato di aver ricevuto chiarimenti da Netanyahu che le sue dichiarazioni sono state fraintese dai media. “I commenti del primo ministro sulla Polonia sono stati citati erroneamente da The Jerusalem Post, che ha rapidamente pubblicato una correzione che chiarisce che è stato commesso un errore nella redazione dell’articolo”, la nota della portavoce del Premier Shir Cohen. Fine della crisi.
Visto da Israele, tutta la questione ha fatto riemergere però le critiche a Netanyahu rispetto ai suoi rapporti con il governo nazionalista polacco. “Invece che avere i polacchi che si scusano con noi per i milioni di morti in Polonia durante la Shoah, per la loro collaborazione con i nazisti, è Netanyahu che si è scusato con loro per la seconda volta”, l’attacco del leader del partito Yesh Atid Yair Lapid.
“Il suo viaggio in Polonia è diventato un vero e proprio disastro politico e di pubbliche relazioni. – l’affondo politico di Lapid – Avrebbe dovuto dire al primo ministro polacco: ‘Annulla subito il tuo biglietto aereo, non venire qui, perché noi non facciamo concessione sulla memoria dell’Olocausto, né la negoziamo in nessuna forma, perché abbiamo l’orgoglio e l’autostima nazionale, e il rispetto per la memoria dei morti”. È chiaro che in un clima di campagna elettorale, Lapid ha usato questa piccola crisi per colpire Netanyahu, toccando d’altra parte un punto in cui il Premier è apparso in seria difficoltà. Lo scorso anno la disputa sulla legge polacca sulla Shoah – criticata trasversalmente e a livello internazionale – si è risolta con la decisione della Polonia di ammorbidirne il testo. Netanyahu e Morawiecki avevano poi concordato una dichiarazione congiunta in cui sottolineavano il coinvolgimento della resistenza polacca nell’aiuto agli ebrei. Un documento che però molti storici in Israele, tra cui quelli dello Yad Vashem, avevano condannato, definendolo una distorsione della storia. “Un esame approfondito dimostra che le affermazioni storiche, presentate come fatti indiscussi, contengono gravi errori e inganni e che l’essenza della legge rimane invariata anche dopo l’abrogazione degli articoli, compresa la possibilità di un danno tangibile per i ricercatori, la ricerca senza ostacoli e la memoria storica della Shoah”, le parole dello Yad Vashem allora.
Dura invece la sintesi di Nadav Eyal, giornalista dell’emittente israeliana Arutz 13, in merito alla piccola crisi diplomatica di queste ore: “Coloro che vanno a letto con i nazionalisti si svegliano con il revisionismo storico e la negazione della Shoah”.