Zarif a Monaco
“Più affari con Teheran”
Il ministro degli Esteri iraniano Javad Zarif protagonista ieri alla Conferenza di Monaco che, tra i vari temi, ha messo al centro proprio le relazioni con Teheran e la minaccia del nucleare. La Stampa parla di vero e proprio “show”, segnato dall’accusa che Israele starebbe fomentando un clima propizio per una guerra.
“Chi credeva che l’inviato di Teheran sarebbe arrivato a Monaco a ringraziare per il sostegno europeo dinanzi al pressing americano anti-Iran – si legge – è rimasto di sasso”. Agli europei Zarif ha infatti detto che non basta “fare dichiarazioni a favore dell’accordo sul nucleare, ora è tempo di pagare il prezzo e di fare business”.
Gli americani, ha poi aggiunto il ministro, “sono ossessionati in modo patologico” dall’Iran e le accuse di antisemitismo sono state definite dallo stesso “ridicole”.
Il Corriere si sofferma sullo scontro diplomatico in corso tra Israele e Polonia dopo un’affermazione del Premier israeliano Benjamin Netanyahu sulla legge votata nel 2018 a Varsavia, che prevede fino a tre anni di carcere per chi, con riferimento ai lager nazisti, parla di “campi polacchi”. Un “the” di troppo, viene spiegato, ha riaperto le polemiche con il governo di Mateusz Morawiecki. “Quell’articolo determinativo ha fatto intendere che Netanyahu accusasse tutti ‘i polacchi’ di aver collaborato allo sterminio degli ebrei locali. Morawiecki ha reagito (‘Siamo stati vittime dell’occupazione tedesca’) e ha deciso di non partecipare al vertice del gruppo di Visegrad (oggi a Gerusalemme). Il chiarimento di Netanyahu (‘Mi riferivo ad alcuni polacchi’) non è bastato”.
Repubblica dedica un ampio ritratto a Benny Gantz, principale sfidante di Netanyahu alle prossime elezioni: “È alto, la schiena dritta, un sorriso appena disegnato sul volto scavato dal sole, occhi blu acciaio, poco loquace. Quella di Benny Gantz è la figura ideale del comandante con i nervi saldi che infonde fiducia. Un generale autentico di cinquantanove anni, adesso a riposo, ma già lanciato in una nuova carriera, quella di candidato a primo ministro”.
“Almeno uno dei gilet gialli aveva una retorica islamista. Se non fosse intervenuta la polizia, mi avrebbero spaccato la faccia”. Così il filosofo francese Alain Finkielkraut ha commentato l’aggressione subita sabato a Parigi. “È stato il ministro degli Interni – scrive La Stampa – ad annunciare ieri pomeriggio su Twitter che ‘un sospetto, riconosciuto come il principale autore degli insulti, è stato identificato’, ma non ancora arrestato. Lui e i suoi compari rischiano fino a sei mesi di carcere”. In una intervista Dina Porat, presidente del Kantor Center per lo Studio dell’Ebraismo Europeo Contemporaneo, afferma: “L’Europa tutta, e non soltanto la Francia, deve porsi un problema politico. Com’è possibile che i movimenti di massa non possano fare a meno del pregiudizio antisemitico?”. Mentre Tahar Ben Jelloun spiega: “Tombe profanate nei cimiteri ebraici. Bambini con la kippah aggrediti per strada. Il ritratto di Simone Veil, una grande donna che a malapena adolescente finì in un campo di concentramento nazista, sfregiato da una croce uncinata. Torna l’antisemitismo in Francia dove i gilet gialli turbano la vita quotidiana dei negozianti e dei politici”.
A mettere in allarme contro la saldatura tra forme radicate di odio e nuove forme di antisemitismo che affondano le radici nell’antisionismo è anche Pierluigi Battista in un editoriale sul Corriere. “Questa saldatura – accusa – che non vogliamo vedere, ma che gli scritti dello stesso Finkielkraut hanno più volte messo in evidenza suscitando l’ostilità chiassosa e intollerante della cultura conformista”.
Repubblica segnala anche le parole della presidente della Comunità ebraica di Roma Ruth Dureghello, che è detta preoccupata per la mancanza di reazioni nel Movimento Cinquestelle.
I lavori al Monte Stella, sede del Giardino dei Giusti, continuano ad essere al centro dell’attenzione mediatica. “Adesso che tutti hanno esposto le loro ragioni – si legge in un editoriale sul dorso milanese del Corriere – c’è una memoria ritrovata da difendere a Milano, un sentimento più forte della polemica che avvelena da giorni la discussione sui lavori per il Giardino dei Giusti al Monte Stella. E la memoria di una città e di tutto il mondo, la memoria del bene che vince sul male, la memoria che racconta e aiuta a capire”.
“Presidente della Comunità ebraica della Capitale dal 1989 al 1993 e tra i protagonisti della rinascita dell’ebraismo romano dopo la Seconda guerra mondiale”. Repubblica Roma ricorda così Sergio Frassineti, scomparso nelle scorse ore.
Adam Smulevich twitter @asmulevichmoked
(18 febbraio 2019)