Eurovision…

Con la solerzia che sarebbe meglio riservare per altre faccende, e non senza malizia, ci siamo subito messi a discutere se Mahmood verrà in Israele o no. Nel frattempo, in Israele…c’è chi alla stessa Eurovision ha già rinunciato! Si tratta della band “Shalwà”. Il motivo? Come a tutti noto, per evitare di infrangere lo shabbat. Fosse solo quello! L’Eurovision è anche l’occasione per forzare la mano e attivare i servizi pubblici di Shabbat, almeno per quella occasione, proprio mentre più a torto che a ragione si parla di “irreligiosimento coatto” della società…: già, chiedete a qualche sportivo quanto è facile essere shomèr shabbat proprio qui in Israele!
Insomma faremmo bene a guardare dentro casa nostra: una matassa intricata attorno alla quale poco o niente si fa per dipanarla e tantissimo si spreca in futili accuse reciproche. Per influsso della società circostante, tutti conosciamo l’espressione “la trave nell’occhio”. Nella sua formulazione completa è un paragone fra la pagliuzza nell’occhio altrui e la trave nel proprio. Nelle nostre fonti, si ritrova in modo quasi identico, ma con una finalità differente: non il monito a non giudicare quanto un grido di dolore per non poter efficacemente redarguire il prossimo, espressione questa – quando il sentimento è autentico – di reale premura per l’altro. Così suona l’insegnamento di rabbì Tarfòn: sarei sorpreso se in questa generazione vi fosse chi sia disposto ad accettare un rimprovero: se uno dice all’altro “togli la pagliuzza che hai fra i denti” l’altro gli risponde “togli la trave che hai fra gli occhi” (TB ‘Arakhìn 16b): laddove il dibattito viene sostituito dalla gara all’insulto e al dileggio non c’è speranza di miglioramento.

Rav Michael Ascoli

(19 febbraio 2019)