Gilet gialli

baldacciSull’aggressione a Alain Finkelkraut da parte dei “gilet gialli” è già stato detto molto ma può essere utile qualche altra riflessione. Intanto, sulle caratteristiche degli insulti che sono stati rivolti a Finkelkraut. Secondo quanto riportato dai media (prendiamo ad esempio il “Corriere della Sera” di domenica 17 febbraio) non gli è stato urlato soltanto “Sporco ebreo”, ma a questa ingiuria, diciamo così, tradizionale, si è aggiunta quella, più “moderna”, “Sporco sionista”. Gli aggressori non si sono limitati a gridare “La Francia è nostra” ma hanno aggiunto “Torna a Tel Aviv”. Si sono così saldati nell’immaginario dei “gilet gialli” l’antisemitismo storico – quello di Edouard Drumont, dell’Action Française, della Francia di Vichy, l’antisemitismo cioè della destra nazionalista – e quello (relativamente) nuovo, l’antisionismo, che ha una coloritura politica più variegata ma un segno prevalentemente di sinistra. A conferma che nell’antisemitismo – in questa profonda malattia dello spirito – le forme nuove non eliminano quelle precedenti ma, al contrario, si sommano, così come è accaduto nel XIX e XX secolo, quando all’antisemitismo di origine religiosa si sono aggiunti quello razziale e quello economico, senza che quelli più recenti sostituissero quelli precedenti ma anzi li rafforzassero.
L’altra osservazione riguarda il comportamento dei media e in particolare della stampa. L’aggressione ha avuto sulla stampa italiana (meno sulle TV) un’eco adeguata. Ma è bene dire che si è trattato di un’eccezione, dovuta probabilmente, più che alla notorietà dell’aggredito, al fatto che l’episodio ha avuto per protagonisti i “gilet gialli”, ai quali la stampa riserva da mesi un’attenzione particolare, soprattutto la domenica, quando è d’obbligo riportare la cronaca delle violenze che, ormai da mesi, il sabato li vede protagonisti. Ma episodi di antisemitismo come quello di cui è rimasto vittima Alain Finkielkraut sono ormai abituali in Francia e non solo, ma raramente trovano sulla stampa italiana un’eco adeguata.
Anche in questo caso bisogna dire che – al di là della cronaca – solo un quotidiano, “La Stampa”, ha dedicato, a caldo, a quanto è avvenuto l’editoriale, firmato dal direttore Maurizio Molinari (“Gilet gialli e odio antiebraico”). Molinari è andato oltre l’episodio, proponendo una riflessione che mette in evidenza le caratteristiche di un antisemitismo che ormai si manifesta senza più remore, senza più vergogna. E bisogna anche sottolineare che non si tratta di un caso particolare: è costante l’attenzione che il quotidiano torinese riserva a quanto avviene in Europa sul tema dell’antisemitismo, così come a quanto avviene in Medio Oriente, con corrispondenze che si caratterizzano per la serietà e la completezza dell’informazione. Solo un altro quotidiano (“Il Foglio”) ha manifestato nel tempo la stessa attenzione, ma si tratta di un giornale “di nicchia”, che non può avere la stessa capacità di influenza dei grandi quotidiani nazionali.
E’ opportuno riportare un brano dell’articolo di Molinari: «La sovrapposizione tra esaltazione del “popolo”, insulti antisemiti, odio antisionista, e promesse di espulsioni rappresenta quanto di più simile e contemporaneo può esserci alla dinamica con cui si si innesca l’odio antiebraico nelle piazze, identificando nella casuale vittima di turno il male assoluto, da additare e da estirpare per il “bene delle masse”. E’ la stessa feroce dinamica con cui si originavano i pogrom in Russia al tempo degli zar, in Germania al tempo dei nazisti e nei Paesi arabi – da Baghdad a Tripoli – fra gli anni Quaranta e Cinquanta». Ed è la stessa, possiamo aggiungere, che spinge gruppi di estremisti nelle nostre piazze ad agitare bandiere palestinesi, a urlare slogan antisionisti e ad aggredire chi sfila il 25 Aprile sotto le insegne della Brigata Ebraica.
Bene ha fatto Molinari a richiamare i precedenti storici dell’antisemitismo più violento e a sottolineare la continuità tra l’antisemitismo tradizionale e l’antisionismo. Solo questa consapevolezza della continuità storica tra antisemitismo e antisionismo può – forse – risvegliare molte coscienze che sembrano assopite.

Valentino Baldacci

(21 febbraio 2019)