Società – La sicurezza dell’«uomo forte»

Sulle due sponde dell’Atlantico ci si interroga se l’ondata populista sia un fenomeno transitorio, oppure una minaccia che provocherà la trasformazione delle democrazie liberali d’Occidente in Paesi illiberali. Il saggio di William A. Galston, Antipluralism.The Populist Threat to Liberal Democracy, analizza la tendenza dei movimenti populisti, nativisti e sovranisti d’oggi – da Trump agli europei Orbàn, Marine Le Pen, Farage, Salvini e Grillo – a considerare il popolo come un tutt’uno mentre la democrazia richiede il pluralismo e il riconoscimento delle condizioni ottimali del vivere in comune tra cittadini liberi ed eguali ma irriducibilmente diversi. La crisi economica e istituzionale, le opposte visioni delle popolazioni urbane e rurali, e le difficoltà a padroneggiare l’immigrazione hanno aperto la strada alla reazione (backlash) populista che distrugge il compromesso tra le élite politiche e i cittadini che dal dopoguerra ha retto i Paesi democratici. I populisti inventano complotti immaginari, attaccano l’establishment come “nemico del popolo” in combutta con potenze estere, e fanno credere di volere combattere l’eccessivo potere politico, economico e culturale ricorrendo all'”uomo forte”. L’ondata nazionalpopulista si è ingrossata, oltre che per l’automazione e l’economia digitale, anche per la perdita di sovranità nazionale che ha alimentato le paure individuali di fronte alle crescenti minacce del terrorismo islamista e dell’immigrazione dal sud al nord del mondo. L’autore non la critica come se fosse xenofobia o razzismo, ma riconosce la legittima frustrazione nei confronti dei governanti che non hanno saputo cogliere l’ansietà prodotta dai mutamenti tecnologici, demografici e culturali. Per difendersi dall’illiberalismo, i liberaldemocratici devono prendere coscienza di quel che è accaduto, e realizzare un programma che preveda la tutela del sistema giudiziario indipendente, della libertà di stampa, e dello Stato di diritto; per reagire alle misure protezionistiche dei sovranisti, devono riconoscere l’importanza del controllo dei confini quale attributo della sovranità nazionale, e prestare maggiore attenzione ai diversi punti di vista sull’accoglienza degli immigrati. Più d’ogni altra cosa si rende necessaria una politica economica atta a generare una crescita inclusiva per favorire il benessere generale attraverso le frontiere demografiche, geografiche e di classe, e un massiccio investimento nelle infrastrutture del trasporto e dell’informazione, poiché in gran parte dell’occidente le regioni meno sviluppate perdono terreno rispetto alle aree metropolitane dove è concentrata l’innovazione. Il populismo fondato sulla visione tribale e manichea ha messo radici nella vita sociale dell’Occidente generando lo sconforto al posto di quel trionfalismo che aveva accompagnato l’idea della liberaldemocrazia come “fine della storia”. Oggi ci si deve rendere conto che la democrazia liberale è fragile, minacciata e bisognosa di aggiustamenti: la sua forza, tuttavia, consiste nella capacità di auto- riformarsi, diversamente da tutti gli altri regimi. Le istituzioni liberaldemocratiche non solo proteggono i cittadini contro la tirannica concentrazione del potere, ma provvedono anche a indirizzare le proteste pubbliche verso esiti riformatori. La storia insegna che negli anni 20 e 30 del Novecento la combinazione di crisi e movimenti eversivi divenne irresistibile, specialmente nelle fragili democrazie affascinate dalle ingannevoli ideologie del fascismo e del comunismo. Anche oggi la malattia d’America ed Europa è profonda e pervasiva, ma l’orizzonte appare diverso da quello di un secolo fa. La conclusione di Galston è che la democrazia liberale resisterà fin quando i cittadini riterranno che valga la pena di lottare per essa: la scelta dell’uomo, e non l’inevitabilità storica, determinerà il suo destino.

Massimo Teodori, Il Sole 24 Ore Domenica, 17 febbraio 2019