cuore…

Nel descrivere le qualità dei costruttori del Mishkan, il Tabernacolo, la Torah li definisce “sapienti”, usando però un’espressione in cui il possesso della conoscenza viene collegato con il cuore “lev”, sono infatti definiti “khachme’ lev”.
Partendo dal presupposto che le nostre conoscenze e sensibilità moderne non ci portano più ad associare la sapienza al cuore, diversi commentatori hanno cercato di cogliere in questa espressione nuovi significati.
Un interessante interpretazione è stata proposta da Rav Soloveitchik, secondo il quale la sapienza può avere effettivamente due diversi riferimenti, quello della mente e quello del cuore. Con la sapienza della mente e dell’intelletto l’uomo può sviluppare le conoscenze scientifiche e le applicazioni tecnologiche, può tentare di gestire le forze della natura e migliorare le proprie condizioni di vita. Anche per lo studio di Torà e per risolvere i più complessi argomenti di halakha, per i quali occorrono ragionamento e comprensione razionale, è necessario sviluppare la sapienza che fa capo all’intelletto.
Invece la sapienza che ha simbolicamente riferimento nel cuore è quella preposta ad alimentare le espressioni di vita che scaturiscono dai sentimenti più puri, è quella che cerca di compiere il bene e di sviluppare le qualità positive, amore, compassione, generosità. La sapienza del cuore è la via indicata da Abramo, quella che sottolinea gli obiettivi morali ai quali l’uomo deve dare priorità.
Secondo Rav Soloveitchik, solo nella capacità di trovare una piena ed efficace sintesi fra queste due modalità di espressione della sapienza, quella del cuore e quella dell’intelletto si può realizzare l’identità dell’uomo come creatura di D.O.
Le conseguenze dell’azione dell’uomo guidato esclusivamente dalla freddo razionalità ci sono tristemente note dalla storia.

Giuseppe Momigliano, rabbino