Ticketless – I codici del silenzio

alberto cavaglionNella letteratura sull’oppressione il tema del silenzio ha due declinazioni. Una linguistico-politica, quella per intenderci praticata da Levi nei Sommersi e i salvati, l’altra è quella biblico-storica praticata ad esempio da André Neher. Nella stagione ormai tramontata della semiologia, che storicamente coincide con la tragedia dei desaparicidos annullati nel silenzio dalla repressione in Argentina, si era soliti dire che la discussione sul silenzio fosse più rumorosa che mai. Erano gli anni Settanta nei quali maturava la riflessione su questi temi di una grande ispanista che oggi vorrei qui ricordare, Lore Terracini. Mi è tornato sotto mano questa settimana un suo libro pubblicato nel luglio 1987, segnato fortemente, anzi direi determinato proprio dalla improvvisa morte di Levi. Si intitola I codici del silenzio (Edizioni dell’Orso). Raccoglie articoli di diversa natura che oggi, fuori dalle ubriacature semiotiche dei Settanta, conservano intatto il loro pathos. Ciò che non ha perso di attualità è il metodo linguistico-politico adoperato per misurare le degenerazioni del potere, dei rapporti reali tra esseri umani, in cui il silenzio viene imposto ai destinatari non solo costringendoli a tacere ma estromettendoli dalla comunicazione umana e rendendoli vittime. Terracini lavorava sugli indios asserviti dagli spagnoli, ma il pensiero di chi legge oggi va ai metodi di sfruttamento, al caporalato delle campagne d’Italia.

Alberto Cavaglion