Netanyahu, il giorno più difficile:
“Accuse ridicole, non mollo”
Da molte ore non si parla d’altro. L’incriminazione del Premier Benjamin Netanyahu, tra richieste di dimissioni e nessuna volontà di abdicare da parte del Primo ministro, continua a tener banco sulla scena israeliana.
“La sinistra sa che non può batterci ai seggi, ecco perché negli ultimi tre anni non ha fatto altro che portare avanti una persecuzione politica contro di noi, una caccia alle streghe senza precedenti con l’unico scopo di far cadere la destra che io guido e mettere al potere la sinistra di Lapid e Gantz” ha dichiarato il premier, incontrando nelle scorse ore la stampa. “Ogni cittadino – ha poi aggiunto, in quella che è stata una delle conferenze stampa più difficili di sempre – deve capire che l’intento è di abbattere la destra e portare su la sinistra con la distribuzione al pubblico di accuse ridicole. State tranquilli, supererò tutto”.
In caso di condanna per corruzione e frode per i diversi procedimenti a suo carico Netanyahu rischierebbe fino a 10 anni di carcere. Un’ombra pesante a poco più di un mese da un voto che si annunciava già molto incerto, nel pieno di una campagna elettorale serrata e con la coalizione allargata promossa da Benny Gantz e Yair Lapid che appare in testa nei sondaggi rispetto al Likud (e la discesa del partito di governo, fanno notare gli esperti, potrebbe essere solo all’inizio).
Ieri i suoi principali avversari non hanno mancato di commentare l’iniziativa del procuratore generale Avichai Mandelblit. “Questa – ha detto Gantz – è una serata difficile per Israele e tutti i suoi cittadini. Così deve sentirsi ogni israeliano che ha a cuore il proprio paese di fronte a un primo ministro messo in stato d’accusa da un procuratore generale”. Gantz ha poi sottolineato di non gioire delle disavventure del suo rivale politico.
Per Lapid, “si tratta di un giorno triste per lo Stato d’Israele: un Primo ministro incriminato non è qualcosa che i nostri figli dovrebbero vedere”. Se Netanyahu “ama Israele come dice sempre, deve fare quello che è meglio per il paese: ritirarsi immediatamente, passare la leadership del partito a un altro esponente del Likud”.
(1 marzo 2019)