Beresheet, un selfie spaziale
A 37.600 chilometri dalla Terra, la navicella spaziale israeliana Beresheet, diretta verso la Luna, si è girata lentamente per scattare una foto della Terra. Sullo sfondo, il continente australiano mentre in primo piano una targa con la bandiera israeliana e le scritte “Am Israel Hai” (in ebraico, il popolo d’Israele vive) e “Small Country Big Dreams” (piccola nazione, grandi sogni). Una sorta di selfie nello spazio con la speranza di portare a termine una missione dal significato storico.
Il sogno di portare la bandiera israeliana sulla Luna è iniziato nel 2010 con un post su Facebook. “Chi vuole andare sulla luna?”, aveva scritto Yariv Bash, ingegnere informatico, in un post sul noto social network. Kfir Damari e Yonatan Winetraub hanno pensato fosse una bella idea e hanno risposto. I tre si sono incontrati in un bar di Holon, una città a sud di Tel Aviv. “Con l’aumento dei livelli alcolici nel sangue, siamo diventati più determinati”, ha raccontato al New York Times Winetraub. Da quell’incontro in un bar il sogno ha cominciato a prendere forma. La chutzpah israeliana ha portato i tre a superare le avversità e costituire l’organizzazione no-profit, SpaceIL. Nove anni dopo quel post un po’ folle sui social network, Yair, Kfir e Yonatan hanno gioito e si sono abbracciati mentre la loro piccola navicella spaziale Beresheet partiva in cima a un razzo SpaceX Falcon 9 dalla Cape Canaveral Air Force Station,la base di lancio del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti in Florida. Se la missione avrà successo, sarà la prima volta che una società privata sarà andata sulla luna. Sarà anche un punto d’orgoglio per Israele. Finora, solo le agenzie spaziali governative di tre superpotenze- gli Stati Uniti, l’ex Unione Sovietica e la Cina – hanno compiuto un atterraggio intatto sulla superficie lunare.
L’obiettivo originale era quello di partecipare al concorso Google Lunar X Prize, che offriva un premio di 20 milioni di dollari per la prima impresa finanziata privatamente per far atterrare una navicella robotica sulla luna. I fondatori inizialmente immaginavano un piccolo lander che sarebbe dovuto pesare poco, costare solo 10 milioni di dollari e avrebbe fatto il viaggio entro la fine del 2012. La sfida si è rivelata molto più difficile e molto più costosa. Dopo diverse proroghe, la scadenza per il premio Google Lunar X Prize è scaduta un anno fa senza un vincitore. Anche senza il premio di 20 milioni di dollari, SpaceIL ha continuato. A differenza di molti altri team concorrenti che volevano costruire imprese redditizie, SpaceIL si era data una missione, per ispirare gli studenti in Israele ad interessarsi alle scienze e all’ingegneria. “Questa è la nostra visione più grande”, spiega al Times Damari, sottolineando che questa è la prima iniziativa ma gli studenti israeliani dovranno raccogliere la sfida e proseguire su quanto tracciato da SpaceIL. Non è un caso se la navicella si chiama Beresheet, la Genesi, l’inizio di una missione a lungo termine con tanti libri ancora da scrivere. “Continueremo ad analizzare i dati, ma il punto fondamentale è che siamo entrati nel gruppo molto esclusivo di paesi che hanno lanciato una navicella spaziale sulla Luna”, ha sottolineato Yigal Harel, capo del programma di SpaceIL.
Una delle persone che ha creduto in SpaceIL quasi dall’inizio è stato Morris Kahn, miliardario israeliano delle telecomunicazioni. “Ho dato loro 100.000 dollari, senza fare domande, dicendo: Iniziate”. Kahn ha spiegato che inizialmente voleva solo dare una mano ma poi ha deciso di investire più tempo e soldi. “Mi sono emozionato per questo progetto”. Kahn è diventato presidente di SpaceIL e ha reclutato altri investitori tra cui Sheldon Adelson, il noto miliardario dei casinò di Las Vegas. “Questo progetto porterà l’industria aerospaziale nello spazio profondo … Ricorderemo tutti dove eravamo quando una navicella spaziale israeliana è sbarcata sulla Luna”.
Se Beresheet, costata 100 milioni di dollari, riuscirà a scendere in sicurezza, scatterà foto da inviare sulla Terra e sarà utilizzata per alcune indagini magnetiche. Il sito di atterraggio si trova in una pianura lavica dell’emisfero settentrionale chiamata Mare Serenitatis, dove sono note anomalie magnetiche. Il dispositivo magnetometrico di bordo del robot acquisirà le misure sul sito per poi spostarsi in un nuovo punto. Ai giornali israeliani Oded Aharonson, dell’Istituto Weizmann e direttore del team scientifico di Beresheet, ha spiegato che la Luna non genera un campo magnetico globale, ma in superficie diverse aree o rocce sono magnetiche a diversi livelli. “Se riusciamo a misurare il magnetismo di queste rocce, possiamo cominciare a capire come e quando questo magnetismo è sorto”.
L’atterraggio è previsto in aprile e sulla Luna, se tutto andrà bene, dovrebbero mettere piede anche alcuni simboli della cultura ebraica e israeliana: la Dichiarazione di indipendenza di Israele e l’inno nazionale; la Bibbia; i ricordi di un sopravvissuto alla Shoah; i disegni dello spazio e della luna per bambini; la Preghiera del Viaggiatore e una nota dell’ex presidente Shimon Peres contenente un versetto del Libro della Genesi. All’interno di tre dischi contenenti centinaia di file digitali sono stati inseriti anche tutti questi elementi, un modo per portare la tradizione ebraica e la sua storia oltre i confini della Terra. Nella capsula c’è anche un’immagine dell’astronauta israeliano Ilan Ramon, morto a bordo della navetta spaziale Columbia nel 2003. Sua moglie, Rona, scomparsa a dicembre, era una grande sostenitrice del progetto Beresheet.
Come detto, il team spera che l’entusiasmo generato dal primo atterraggio di Israele sulla Luna avrà un “effetto Apollo” sul paese: ovvero, come accaduto negli anni ’60 in America, quando migliaia di bambini sognarono di essere Neil Armstrong e di proferire la celebre frase “Un piccolo passo per un uomo, un grande passo per l’umanità”, i giovani israeliani scelgano di studiare scienze e ingegneria aerospaziale.