FILOSOFIA Insegnare l’ebraismo come scienza

lebraismo-come-scienza-2006Giuseppe Veltri / L’EBRAISMO COME SCIENZA / Libera Pisano Claudiana

Con le sue basette imponenti, i capelli lunghi e la cravatta annodata con negligente eleganza, Leopold Zunz appare, nei ritratti di tutta una vita, sorprendentemente uguale a se stesso. Un’esistenza lunghissima, la sua, che si estende dal 1794 al 1886, e attraversa una fase decisiva della storia della Germania e dell’Europa. Come c’è qualcosa di romantico e di ribelle nel suo apparire, così l’opera di questo gigante della cultura ebraica ha il carattere di acuta provocazione, di pacata ma impietosa critica a una tradizione vecchia di secoli e secoli, che è il momento di ripensare, rifondare, ricostruire. In Italia, quasi nessuno lo conosce. Che oggi, a duecento anni dall’apparizione della sua opera prima, ne arrivi in libreria una traduzione commentata e critica, è un fatto importante. Il saggio Sulla letteratura rabbinica è del 1818, e ha avuto un enorme influsso su un certo modo d’intendere lo studio dell’ebraismo. A Zunz va il merito di aver fondato, assieme a qualche altro intellettuale di belle speranze, la “Scienza del giudaismo” – Wissenschaft des Judentums, in tedesco – o, come preferiscono parafrasare Giuseppe Veltri e Libera Pisano, «l’ebraismo come scienza». La missione di questo metodico irregolare, che per tutta la vita combatté ai margini della cultura ufficiale, era quella di un riformatore a tutto campo. Riformare lo studio, la pedagogia, l’edizione dei testi. E, naturalmente, riformare la società. Non ha caso Zunz fu, come tanti altri ebrei colti del suo tempo, in prima fila nel movimento democratico e rivoluzionario del 1848. C’è una parola che torna con insistenza nel saggio del 1818, e anche negli scritti successivi. Bildungsignifica in tedesco educazione, ma è un educare con ambizioni sociali vaste. Educare, ed educarsi, per comprendere il proprio posto nella società, per essere consapevoli, di quello che si fa e si dice nel mondo. Zunz ammirala messa in pratica della Bildung nella tradizione protestante, e pensa che l’ebraismo debba trarne lezione e vantaggio. Colta, erudita, orientata alla memoria, la tradizione giudaica lo è sempre stata. Ora è tempo che diventi anche scientifica, interdisciplinare, aperta alle innovazioni che vengono dal progresso delle discipline universitarie. Pubblicare i testi rabbinici secondo principi filologici, dare coordinate storiche a una letteratura apparentemente senza prima né dopo, dialogare con i dotti del mondo intero, questo il suo programma. A rileggerle oggi, le affermazioni di Leopold Zunz paiono ancora vitali, entusiastiche. E molto ingenue. La sua è una fiducia incrollabile in un progresso storicista, e in un programma di apertura interculturale che evoca, inevitabilmente, i fantasmi del “dopo”. Sappiamo cosa sarebbe successo, nel Novecento, alla straordinaria stagione della cultura ebraica tedesca assimilata, travolta dalla catastrofe.

Giulio Bust, Il Sole 24 Ore Domenica, 3 marzo 2019